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«Berlusconi gaglioffo». La Corte condanna il giudice

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Conquesta decisione le Sezioni Unite della Suprema Corte (sentenza 28813) hanno respinto la tesi di Sansa che riteneva non «offensiva e ormai desueta» la definizione di gaglioffo da lui usata quale sinonimo di «inetto». Inoltre il magistrato ha fatto presente che tale termine «non era rivolto personalmente ad alcuno, ma in generale a coloro che danneggiano la legalità, la giustizia e la coscienza sociale». Sansa, infine, ha criticato la sanzione inflittagli dal Csm il 20 maggio 2001 rilevando che se Palazzo dei Marescialli «avesse tenuto conto del contesto storico, giuridico e sociale prodotto dalle leggi di riforma, dei loro effetti e delle delegittimanti aggressioni ed accuse rivolte alla magistratura, avrebbe ben potuto ritenere adeguato e razionale il termine gaglioffi da lui utilizzato». Perché «non poteva essere ritenuto un insulto volgare e gratuito, ma l'argomentata conclusione del discorso sulle riforme diseguali e sulle polemiche aggressive alla magistratura». Nessuno di questi argomenti ha fatto breccia innanzi ai supremi giudici. Quanto al termine gaglioffo, secondo la Cassazione, correttamente il Csm lo ha giudicato «offensivo» come sinonimo di «cialtrone, imbroglione, manigoldo, delinquente, avvezzo alla sopraffazione». Ad avviso degli alti magistrati, poi, «tale espressione è stata del tutto gratuita e non necessaria nel contesto della pur serrata critica rivolta al Presidente del Consiglio e al ministro della Giustizia, non aggiungendo nulla alle argomentazioni dispiegante, se non, tenuto conto del significato della espressione e della sua portata nel senso sopra indicato, un contenuto inutilmente dileggiante».

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