L'articolo 18 torna nel cassetto
È durata giusto il tempo di una polemica. Dopo la definitiva marcia indietro del ministro del Lavoro Elsa Fornero, la battaglia sull'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori torna nel cassetto. Canta vittoria il segretario della Cgil Susanna Camusso: «Il capitolo è archiviato. Nel Paese si fa sempre più strada il tema che il problema non è la flessibilità in uscita, ma ridurre la precarietà e discutere di ammortizzatori». «Bisogna chiudere la dualità del mercato del lavoro, che non è determinata dallo Statuto - spiega intervistata da Repubblica Tv - ma dalle oltre 40 forme contrattuali e dall'idea che i giovani devono essere pagati poco. Occorre tagliare le forme contrattuali, e non aumentarle, affrontando così il tema di come fare entrare bene e strutturalmente i giovani nel mercato del lavoro». Parole che si sposano perfettamente con quelle del sottosegretario al Lavoro Maria Cecilia Guerra: «Nessuno del mio ministero ha sostenuto che le modifiche all'articolo 18 fossero una priorità. Il ministro Elsa Fornero ha chiarito bene il pensiero, bisogna affrontare il tema del mercato del lavoro, alla ricerca di tutti gli strumenti possibili, per il rilancio dell'occupazione che è la cosa che ci sta più a cuore. In questo ambito ha invitato a discutere senza tabù». Insomma, un piccolo spiraglio resta aperto, ma l'impressione è che per ora abbia vinto l'ala più oltranzista. E sembra difficile che il governo, dopo aver fatto mea culpa per la poca concertazione utilizzata nella stesura della manovra, decida di andare al muro contro muro con i sindacati. Di certo, i partiti che sostengono l'esecutivo continuano a discutere e dividersi sull'argomento. Per il capogruppo Pdl, Fabrizio Cicchitto, «il governo non può procedere a zig zag a proposito delle relazioni industriali. Nei dovuti modi e tempi la riforma dell'articolo 18 va realizzata. Certamente è giusto e ragionevole che essa venga portata avanti e realizzata in un contesto nel quale il governo prende anche iniziative per la crescita». Ma è dentro il Pd che la spaccatura si fa ogni giorno più profonda. Soprattutto dopo che il segretario Pier Luigi Bersani, mercoledì, ha scelto di schierarsi con la Cgil e la sinistra più radicale. Una presa di posizione che non è piaciuta a Fli. «Mi spiace - commenta il capogruppo alla Camera Benedetto Della Vedova - che Bersani e il Pd abbiano ideologicamente voluto issare la bandiera della conservazione». Poco male, i Democratici mantengono la linea. «Dobbiamo evitare di infilarci in polemiche strumentali e speciose, come sull'articolo 18 - avverte il presidente dei senatori Anna Finocchiaro -. Si tratta di una garanzia del nostro ordinamento a cui noi siamo molto, molto, molto affezionati anche se le centinaia di migliaia di licenziamenti non possono essere sanati dalla permanenza dell'articolo 18, che noi auspichiamo». E l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, commentando le parole di Camusso, ribadisce: «Mi auguro anch'io che il tema dell'articolo 18 sia archiviato». Ma l'eurodeputata Debora Serracchiani la pensa diversamente e lo scrive sul proprio blog: «Il Pd dovrebbe mostrare maggiore freddezza e una dose di sano realismo. L'articolo 18 riguarda un numero assolutamente ridotto di lavoratori e imprese, al punto di chiedersi se la sua valenza simbolica sia pari all'incidenza sulla realtà».