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Napolitano blinda il governo tecnico

Il capo dello Stato Giorgio Napolitano

Il Cav: ok a Monti ma è un'anomalia

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Crescita, sviluppo, equità. È questa la «triade» che fa da filo conduttore a tutto il discorso che Giorgio Napolitano ha tenuto ieri al Quirinale incontrando le alte cariche dello Stato per i tradizionali auguri di Natale. Un intervento di 21 pagine che il Presidente della Repubblica ha letto scandendo ogni singola parola affinché nessun passaggio potesse essere frainteso o non sentito. Un lungo discorso per fare il punto sull'anno più burrascoso degli ultimi tempi e, soprattutto, per difendere il proprio operato in occasione della fine del governo Berlusconi e del conseguente varo dell'esecutivo Monti. E proprio verso quello che ormai è, a tutti gli effetti, «il governo del Presidente», Napolitano ha indirizzato le parole più calorose e vibrate. Attestazioni di stima e di incoraggiamento per continuare in quel progetto riformista che tanto serve al Paese. Un riferimento velato alla riforma sull'articolo 18 diventato poi esplicito quando il Capo dello Stato ha citato le decisioni «che appaiono oggi auspicabili»: la legge elettorale, la questione delle carceri, «il consolidamento dei conti pubblici e il rilancio della crescita e dell'occupazione». Tutti argomenti rispetto ai quali «si devono trovare risposte immediate ma che resteranno di certo all'ordine del giorno anche nei prossimi anni, nella prossima legislatura». E proprio per questo Napolitano auspica «un più sereno confronto tra le forze protagoniste di una rinnovata democrazia dell'alternanza». Diventano quindi i partiti i primi destinatari dell'appello a «compiere uno sforzo ulteriore» perché in Parlamento si continui compatti a dare appoggio al governo. Basta quindi con quel clima «aspramente divisivo radicatosi nei rapporti politici» e che «è sfociato in una crisi di governo». Ora serve «senso di responsabilità» come quello usato dal Presidente della Repubblica quando decise di evitare di andare a elezioni anticipate. Un'eventualità che «avrebbe avuto ricadute dirompenti per il nostro Paese nel burrascoso contesto dell'Eurozona» e avrebbe aggravato «la crisi finanziaria». Quindi, non sciogliere le Camere è stato un suo «preciso dovere istituzionale» come anche «affidare il nuovo governo ad una personalità rimasta sempre estranea alla mischia politica». Un chiaro riferimento alla "tecnicità" dell'Esecutivo che però Napolitano non apprezza come definizione: «Sono persone politicamente indipendenti che hanno accettato di porre al servizio del Paese le competenze e le esperienze di cui sono portatrici». Guai quindi a parlare di «sospensione della democrazia» dopo la nascita del governo perché chi lo ha fatto ha commesso «una grave leggerezza». E per questo, fino alla scadenza naturale della legislatura, il governo «può adottare decisioni necessarie benché talora controverse, ostiche, persino impopolari, senza essere condizionato da vincoli di convenienza partitica ed elettorale». Napolitano così evoca la «triade» di impegni che deve muovere l'esecutivo: «perseguire il rigore, intervenire con equità, puntare su una nuova prospettiva di crescita e sviluppo». Questo è «un esercizio assai arduo nell'immediato», ma «grande accortezza ed equilibrio» devono valere anche nel futuro. Ad esempio, affinché lo Stato possa «incidere sempre più efficacemente» in termini di equità «nella gestione della cosa pubblica e nella società italiana dove sono penetrati e si sono cristallizzati molti e diversi fattori di stridente disuguaglianza e iniquità». «E allora si discuta liberamente e con spirito critico, ma senza rigide pregiudiziali e non rifuggendo da spinose assunzioni di responsabilità. Intanto, in tempi così difficili per il Paese, si blocchi sul nascere ogni esasperazione polemica». Tutto con un occhio di riguardo ai giovani, ovvero quei «non rappresentati» senza lavoro o «con deboli prospettive di occupazione e di pensione». Infine un riferimento all'Europa e alla necessità di difendere l'Euro. Un appello a isolare l'antipolitica e quei rischi che il Paese non può permettersi di correre. E una bacchettata alla Lega: la pesante crisi che ha investito anche l'Italia è una prova che si può superare «con l'arma vincente della coesione sociale e nazionale».

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