Fornero: servono stipendi più alti
L'argomento per ora resta tabù. Ed è meglio farlo sparire dal dibattito pubblico visto che, ogni volta che viene evocato, scatena immediata la polemica. Di articolo 18 è meglio non parlare anche se un intervento su questo fronte resta tra le ipotesi studiate dal governo. Così, il ministro del Lavoro Elsa Fornero, torna sulla sua intervista al Corriere della Sera di domenica, e ribadisce la propria linea difensiva: «Non ho mai citato l'articolo 18. C'era solo un invito al dialogo». Invito che resta anche se, prosegue il ministro, alla «disponibilità piena» non si può rispondere con preclusioni di alcun tipo perché non ci sono «terreni inesplorati». È possibile, quindi, che si parli di articolo 18. Ma al momento il governo non ha in programma appuntamenti con le parti sociali. Meglio lasciare passare il Natale e riprendere la discussione a gennaio. Non a caso, incontrandosi al Quirinale per il consueto appuntamento degli auguri del Capo dello Stato, il premier Mario Monti e il leader della Cgil Susanna Camusso si salutano calorosamente. Poi ai giornalisti che lo provocano il presidente del Consiglio risponde: «Non ho parlato assolutamente di articolo 18». Notizia confermata dalla sindacalista: «Assolutamente o non ci saremmo salutati così cordialmente». Un breve accenno al tema, però, Monti lo fa nel breve scambio con Walter Veltroni cui spiega che se sulle pensioni l'esecutivo ha dovuto intervenire «rapidamente», «il lavoro è un'altra cosa». Insomma, l'esecutivo non ha alcuna intenzione di andare nuovamente allo scontro con la Triplice. Non a caso Fornero prova a percorrere terreni meno accidentati e che sicuramente incontrano gli interessi della controparte. Così, intervenendo al Senato per un'audizione, spiega che una delle priorità dell'esecutivo è l'innalzamento dei salari: «Sono bassi e non è cosa che ci sfugge. Conosciamo il divario nella distribuzione dei redditi che è cresciuto negli ultimi 15/20 anni. La mia sensibilità è totale, dopodiché le cose bisogna cambiarle». Quindi parlando ai giornalisti che la assediano difende l'intervento sulla previdenza contenuto nella manovra: «La riforma comporta sì tagli e sacrifici, molti di voi ne hanno ridicolizzato l'equità. Se avessi mezz'ora di tempo vorrei difendere con ardore l'equità di questa manovra». Ma anche se il tentativo è quello di spegnere le polemiche, l'articolo 18 continua a far discutere partiti e parti sociali. Praticamente scontata la posizione di chiusura dei sindacati cui arriva comunque la mano tesa di Confindustria. «Siamo interessati ad un accordo - commenta Emma Marcegaglia - a patto che nessuno ponga pregiudiziali». Mentre il suo vice Alberto Bombassei spiega che l'obiettivo è «conciliare maggiori salari e minor costo del lavoro». E sull'argomento interviene anche l'ad di Fiat Sergio Marchionne: «L'unica cosa che posso dire è che ci si metta d'accordo e si vada avanti. Abbiamo riconquistato un po' di credibilità, bisogna portare il discorso a conclusione». Di tutt'altro tenore i commenti del fronte politico dove si evidenzia la difesa a oltranza di Nichi Vendola («Questa idea di modificare l'articolo 18 è particolarmente invitante»), Antonio Di Pietro («L'articolo 18 è un atto di civiltà per lavoratori e imprese») e Paolo Ferrero («L'articolo 18 non si tocca, si elimini la legge Biagi»). Difesa cui si unisce una parte del Pd, anche se il segretario Pier Luigi Bersani, intervistato dal Tg1, spiega: «La riforma del mercato del lavoro ci vuole ma il problema non è come buttare fuori le persone, visto che in tante sono già state licenziate, ma come si entra, come diminuire il precariato e il tema degli ammortizzatori sociali. Si deve partire da lì e poi una sintesi si trova». Stesso messaggio inviato dal presidente della Camera Gianfranco Fini: «Ci si interroga solo su come licenziare e non sul come assumere». Mentre il capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto avverte: «Discutere sulla riforma dell'articolo 18 si può, ma il confronto deve riguardare anche i provvedimenti per la crescita».