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Bersani fa l'acrobata sull'articolo 18: "Da matti toccarlo"

Pierluigi Bersani, segretario del Pd

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«Non drammatizziamo l'articolo 18 perché il 95% delle aziende non ce l'ha». Pier Luigi Bersani, Radio Uno, 21 novembre 2011. «Il governo lo deve capire, lo capirà, altrimenti...è roba da matti pensare di toccare l'articolo 18». Pier Luigi Bersani, brindisi con il gruppo Pd della Camera, 21 dicembre 2011. Confusi? Increduli? Non vi arrovellate. Trenta giorni dopo il segretario del principale partito dell'opposizione ha semplicemente cambiato linea. Può succedere. Anche se forse, a ben guardare, sull'articolo 18 Bersani una linea non ce l'ha. E si limita, di volta in volta, ad accontentare o la Cgil o l'ala più riformista del suo partito. Un difficile esercizio di equilibrismo, non c'è che dire. Dopotutto bastava sfogliare i quotidiani ieri mattina per capire quanti problemi crei l'argomento all'interno dei Democratici. Sul Corriere della Sera Cesare Damiano, un passato nella Cgil e già ministro del Lavoro nel governo Prodi: la flexsecurity con modifiche all'articolo 18? Scordatevela, costa troppo ed impraticabile in Italia. Sulla Stampa Pietro Ichino, un passato nella Cgil e senatore democratico: servono contratti più flessibili per avere stipendi più alti. Bersani sta esattamente nel mezzo e non a caso martedì, intervistato dal Tg1, aveva provato a placare gli animi: «La riforma del mercato del lavoro ci vuole ma il problema non è come buttare fuori le persone, visto che in tante sono già state licenziate, ma come si entra, come diminuire il precariato e il tema degli ammortizzatori sociali. Si deve partire da lì e poi una sintesi si trova». Insomma, l'articolo 18 non è un tabù e può essere toccato, ma solo dopo l'introduzione della necessaria e indispensabile "sicurezza". Ieri, la marcia indietro. Giù le mani dall'articolo 18. Concetto che Bersani ha ripetuto anche al premier Mario Monti, in un incontro serale a Palazzo Chigi. «Qualcuno in giro pensa che licenziando si crea lavoro - ha spiegato il segretario al termine del faccia a faccia durato circa un'ora e mezza -. Questa è un'assurdità e non credo sia nelle intenzioni del governo. La riforma del mercato del lavoro va fatta in un meccanismo di dialogo sociale partendo dai problemi reali: più lavoro, meno precarietà, modernizzare gli ammortizzatori sociali». E ancora: «La flessibilità organizzativa ha poco a che fare con il tema dell'articolo 18. Non si deve divagare dai problemi che abbiamo ma l'impressione è che il governo abbia ben presente le priorità e anche un percorso di dialogo con le parti sociali». Parole che sono evidentemente "musica" per le orecchie della Triplice sindacale che sull'argomento ha già alzato le barricate. Ma anche per gli alleati del Pd. Almeno per quelli contenuti nel "recinto" della ormai famosa foto di Vasto. Così, il leader di Sel Nichi Vendola applaude: «Credo che sia assolutamente fondamentale definire le soglie invalicabili dal punto di vista della civiltà democratica di questo Paese». «L'idea che un governo tecnico - prosegue - possa squassare i pezzi pregiati delle conquiste che il movimento operaio ha realizzato nel corso di una storia lunga un secolo, è politicamente irricevibile. E quindi sono molto contento che Bersani abbia posto i paletti ad una discussione, che, al contrario di quello che pensa il ministro Fornero, ha bisogno di molti paletti, molti paletti». Soddisfatta anche l'Italia dei Valori che affida il proprio commento alle parole del responsabile Lavoro e Welfare del partito Maurizio Zipponi: «Finalmente si alza una voce chiara dal Pd. Speriamo sia la linea definitiva. La modifica dell'articolo 18 creerebbe un inutile e dannoso conflitto tra lavoratori e impresa quando è invece necessario approntare misure condivise per la crescita». «Non è licenziando - aggiunge - che si incentiva la crescita, ma assumendo e mettendo le aziende nelle condizioni di acquisire nuovi prodotti e nuovi mercati. Ci auguriamo che il lavoro e i diritti per i giovani diventino l'obiettivo di tutti. Speriamo, inoltre, che questo governo chiuda definitivamente con quelle posizioni, presenti anche all'interno del Pd che, per anni, hanno sostenuto l'insana e sbagliata idea che togliendo diritti ai lavoratori si producano in automatico posti di lavoro e diritti a chi non ne ha. Così non è stato: l'unico risultato infatti è che nessuno ha più un'occupazione stabile e sicura». Ma un po' a sorpresa, commenti favorevoli alla presa di posizione di Bersani arrivano anche dalla Lega con l'eurodeputato Matteo Salvini che, ospite della Zanzara su Radio 24, non ha dubbi: «La modifica dell'articolo 18 non è una priorità, ha ragione Bersani a parlare di follia se l'articolo 18 viene messo in cima ai problemi da affrontare. Tra Camusso e Fornero - prosegue - in questo momento scelgo la Camusso anche se i sindacati sono complici di molte cose. Le lacrime della Fornero sono vergognose». Che farà ora il segretario Democratico?

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