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Sì al pacchetto carceri. Escono 3mila detenuti

Il ministro della Giustizia Paola Severino

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Nelle carceri italiane ci sono attualmente circa 67mila detenuti, a fronte di 45mila posti a disposizione per ospitarli. Il lavoro di Paola Severino parte da qui. «Il sovraffollamento dei penitenziari è il primo dei miei pensieri», ripete più volte il ministro della Giustizia dopo il suo insediamento e si mette all'opera. Dopo meno di un mese il primo obiettivo è raggiunto: si tratta del pacchetto «carceri-giustizia» approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Il complesso dei provvedimenti prevede due decreti legge, un disegno di legge, un decreto del presidente della Repubblica e un decreto legislativo, e ha lo scopo di intervenire per sanare l'emergenza carceraria e velocizzare la giustizia civile. «Quelli che abbiamo approvato sono provvedimenti d'urgenza, misure doverose e necessarie, ma la soluzione definitiva non può venire da queste norme, che sono un tampone, bensì da una riforma del sistema carcerario» spiega, però, il Guardasigilli, sottolineando il fatto che non potrà essere certo il governo dei tecnici a risolvere il problema delle carceri o, in generale, quello dell'amministrazione della giustizia: «Nessuno ha la bacchetta magica», insiste. Il ministro si sbilancia oltre, pronunciando parole destinate a far rumore: «Io non ho mai escluso che l'amnistia e l'indulto siano dei mezzi che contribuiscono ad alleviare l'emergenza carceri, ma ho sempre detto che non sono dei provvedimenti di matrice governativa. Sarà il parlamento a decidere e se lo farà, con la maggioranza qualificata che serve, io non lo contrasterò», ammette. Il pacchetto «svuotacarceri» avrà comunque effetti importanti: intanto l'uscita progressiva dal carcere di circa tremilatrecento detenuti, per effetto del decreto che alzerà fino a 18 mesi (dai 12 decisi dall'ex Guardasigilli Angelino Alfano) la pena residua che si può scontare ai domiciliari. Poi, con effetto immediato data l'approvazione del decreto, usciranno dal circuito carcerario gli arrestati in flagranza di reato, e in generale di quanti alimentano il fenomeno delle cosiddette «porte girevoli», entrando in carcere per la sola immatricolazione per poi essere scarcerati o inviati ai domiciliari. Il fenomeno dei 21 mila ingressi l'anno in carcere per non più di tre giorni verrà ridotto, infatti, con due modifiche all'articolo 558 del codice di procedura penale, consentendo l'allargamento della detenzione domiciliare. Nei casi di arresto in flagranza, il giudizio direttissimo dovrà essere tenuto entro, e non oltre, le 48 ore dall'arresto. Viene introdotto il divieto di condurre in carcere gli arrestati per reati di non particolare gravità prima della loro presentazione dinanzi al giudice per la convalida dell'arresto e il giudizio direttissimo. L'arrestato, in questi casi, dovrà essere custodito dalle forze dell'ordine, nella camere di sicurezza della polizia giudiziaria che lo ha fermato. In questo modo - spiega il ministro - si evita «la ritualità mortificante del passaggio in carcere inutile e si evita di aggravare il lavoro degli uffici giudiziarie e penitenziari». I problemi, però, non mancano. In tutto - ammette il ministro - le celle disponibili presso le questure sono 307 e non tutte saranno utilizzabili perché necessitano di ristrutturazione. Si tratta di una «soluzione interlocutoria fino a che non si costruiscono carceri nuove. A questo fine il suo ministero destinerà i 56 milioni di euro che gli sono stati assegnati», assicura. Anche se la protesta dei funzionari di polizia non tarda ad arrivare. Il governo approva anche un disegno di legge in materia di depenalizzazioni. «Ho previsto un sistema di detenzione non carceraria per pene non superiori ai 4 anni, con la reclusione nella propria abitazione o in altra privata dimora - spiega Severino - Si passa dal sistema cautelare preventivo al sistema penale vero e proprio, prevedendo accanto alla sanzione della reclusione la reclusione domiciliare, con la prescrizione di particolari modalità di controllo: non dei mezzi elettronici, che non ritengo opportuno attivare perchè devono ancora essere sperimentati e dimostrare di avere costi inferiori alla detenzione carceraria». Tra i provvedimenti contenuti nel decreto «svuotacarceri» c'è poi l'istituto della «messa alla prova» che consente di non recludere chi rischia una condanna fino a quattro anni. In pratica, ad apertura del «dibattimento si individua un percorso rieducativo per il quale deve subito essere espressa l'opzione: chi lo accetta non entra in carcere e presta lavori di pubblica utilità pur continuando a lavorare e a mantenere la sua vita familiare. Il percorso si blocca se nel frattempo chi vien messo alla prova torna a commettere reati della stessa indole, in tal caso riparte il processo», aggiunge il Guardasigilli. Nasce anche la «Carta dei diritti del detenuto» che indica «cio che può fare e ciò che non può fare». È uno strumento che «potrebbe aiutare molto a superare quel disorientamento che pervade chiunque entri per la prima volta in un carcere - sottolinea il ministro - Verrà tradotta nelle lingue piu diffuse nella popolazione carceraria e estesa ai familiari che fin dall'inizio non sanno cosa possono fare, quali vestiti portare». Le reazioni della politica al pacchetto Severino non si fanno attendere. Applausi vengono da Pd e Terzo Polo. Cauti, ma soddisfatti anche i berluscones, «é in linea con quanto fatto da Alfano», dicono. «Si tratta di un'amnestia mascherata», tuona la Lega, mentre l'Idv (ormai all'opposizione) giudica «rischiosi» alcuni provvedimenti. Anche Pannella non è contento, per lui «è ancora troppo poco».

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