Tentati dal voto Costretti a continuare
o.Perché la politica mal sopporta i modi e le parole con cui il premier gestisce il mandato che ha avuto. Non perdendo mai occasione, ad esempio, di sottolineare con «voi» e «noi» i due piani di lavoro del governo e del Parlamento. E quei 130 deputati assenti al voto sulla manovra di giovedì, 70 dei quali del Popolo della Libertà, sono il segnale di una inquietudine strisciante. Ma al di là dei desideri e delle dichiarazioni – costruite spesso ad uso e consumo di giornali e televisioni – ai vertici dei due partiti maggiori, Pd e Pdl, nessuno pensa seriamente di prepararsi a un voto anticipato. Non lo vuole Berlusconi, che pure venerdì ha lanciato qualche frecciata a Monti, non lo vuole neppure Pier Luigi Bersani che si è lasciato scappare un incauto «il nostro orizzonte rimane un appuntamento elettorale» e per questo ieri è stato ripreso e criticato dai suoi deputati. Il Cavaliere, nonostante qualche frase di facciata, si prepara a una scadenza che è quella del 2013. Che prevede comunque di prepararsi a una campagna elettorale che inizierà tra poco meno di un anno. Ma i ritmi e i tempi con cui Berlusconi lavora in questo periodo, raccontano i suoi collaboratori, non sono quelli di chi immagina un traguardo elettorale fra tre mesi. Ma a tenere a bada frenesie e tattiche c'è soprattutto l'attenzione con cui l'Europa e i mercati finanziari guardano all'Italia. Andare alle urne a marzo ci farebbe precipitare in un baratro. E questa è la migliore assicurazione sulla vita del governo. «Da oggi fino a maggio – spiega il senatore del Pdl Andrea Augello – dobbiamo collocare circa 200 miliardi di buoni del Tesoro. Metterli sul mercato con un esecutivo dimissionario e le elezioni alle porte sarebbe una follia. Significherebbe far schizzare i rendimenti e lo spread a livelli inimmaginabili, andremmo davvero diritti alla catastrofe». Ed è questo il motivo per cui le frasi di alcuni esponenti del Pdl suonano più che altro come avvertimento al premier a lavorare esclusivamente sui conti pubblici senza invasioni in altri campi. Che è il mandato per il quale, sottolineano un po' tutti i partiti, è stato chiamato a palazzo Chigi. «Il governo Monti deve essere un governo tecnico fino in fondo e la sua durata è dettata solo dalla responsabilità - è il commento del vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello – Finché potrà fare bene da noi non dovrà temere nulla, rappresentando l'Italia in Europa e non viceversa». Più dure, anche se l'obiettivo del messaggio è lo stesso, le parole dell'ex ministro della difesa Ignazio La Russa: «Per adesso gli abbiamo dato un certificato di sopravvivenza ma non c'è scritta la data di chiusura e di scadenza, che non è quindi obbligatoria. Può durare ma può anche non durare. Se la deve meritare giorno dopo giorno e mese dopo mese». Dichiarazioni che comunque ieri hanno provocato la reazione di Pier Ferdinando Casini che di un voto ravvicinato non vuole proprio sentir parlare: «Penso non ci sia nessuno in giro così pazzo e irresponsabile da pensare alle elezioni invece che al sostegno di Monti». Anche nel Pd il traguardo per il quale si lavora è quello del 2013. E solo l'accenno, fatto venerdì dal segretario del partito, di un eventuale voto anticipato ha scatenato le reazioni del partito. «Quella di Bersani è stata una espressione non felice nel suo intervento di dichiarazione di voto, dicendo che il nostro orizzonte sono le elezioni» è stato il commento di Giuseppe Fioroni. Più esplicito il suo collega Giorgio Merlo: «Franceschini l'ha detto con chiarezza nel suo intervento alla Camera. L'azione vera e riformista del governo Monti è solo all'inizio. Ora, per non creare ulteriore confusione e disorientamento, sarebbe opportuno che, a cominciare dal Pd, i sostenitori più incalliti delle elezioni anticipate si prendessero un periodo di riposo».