Ora Fini ammette: «Processi troppo lunghi, serve una riforma»
Ora,invece, il numero uno della Camera può chiedere con urgenza la riforma del sistema giudiziario che, dice, va considerata come una «priorità nazionale», anche perché «l'inefficienza del nostro sistema si riverbera negativamente anche sullo sviluppo economico del Paese». È un passaggio pronunciato dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, nel corso della cerimonia di consegna delle «Toghe d'Onore» a Napoli. A riprova degli effetti dell'inefficienza del sistema giudiziario sulla crescita economica, fa notare Fini, basta leggere i «dati statistici diffusi dalla Banca mondiale e indicati anche dal governatore di Bankialia, in base ai quali risulta che, in Italia, la durata dei processi ordinari di primo grado supera ormai i mille giorni e, per questo poco lusinghiero primato, il nostro Paese si colloca al 157esimo posto di una graduatoria che prende in considerazione 183 sistemi giudiziari». Un ritardo che ha come effetti «il pregiudizio per l'immagine dell'Italia nel panorama europeo e internazionale e le conseguenze negative che l'irragionevole lentezza dei processi produce sull'economia e sulla competitività del sistema Paese». Per di più «la durata media dei giudizi penali e ancor più quella dei giudizi civili supera di gran lunga quella ritenuta ragionevole dalla Corte europea dei diritti dell'uomo, con il risultato che, dall'entrata in vigore della Legge Pinto, sono stati promossi dinanzi alla Corte d'appello quasi 40 mila procedimenti camerali per l'equa riparazione dei danni». Per Fini basterebbero queste considerazioni «per rendere la riforma del sistema giudiziario un'assoluta priorità nazionale, da mettere al primo posto nell'agenda di Istituzioni e forze politiche». Il presidente aggiunge: «Mi sembra auspicabile che, al momento di intervenire sulle condizioni di esercizio della avvocatura, si proceda con la massima consapevolezza della funzione sociale e costituzionale della professione forense». Fini sottolinea poi «la necessità di collaborare con tutti gli operatori del settore per garantire la ripresa economica, nei settori che più direttamente investono l'esercizio della professione forense». Fini ha ribadito «la centralità della salvaguardia dell'indipendenza dell'avvocato, anche attraverso la difesa di strumenti di autonomia, quali lo stesso modello ordinistico». «La fissazione di regole deontologiche, la tenuta degli albi, così come l'esercizio della potestà disciplinare rappresentano altrettanti presidi posti a tutela del nesso tra esercizio della professione forense e protezione dei diritti», ha concluso Fini.