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Draghi ha un piano per salvare le banche

Mario Draghi

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La Banca Centrale Europea ha un piano per salvare le banche di Eurolandia. O meglio rafforzarle dal punto di vista patrimoniale evitando che, per conseguire gli obiettivi di aumento del capitale di garanzia, gli istituti seguano la via più semplice: bloccare il rubinetto della liquidità a imprese e famiglie. Unica strategia da evitare perché secondo Mario Draghi, che della Bce è presidente, l'Europa vivrà un'inevitabile contrazione dell'economia nel breve termine visto che la crisi non è finita. Le parole del presidente sono arrivare a poche ore dalla pubblicazione del bollettino della Bce che, come annunciato, taglia le stime di crescita per l'Eurozona: il Pil della zona Euro crescerà tra l'1,5 e l'1,7% nel 2011, tra il -0,4 e l'1% nel 2012 e tra lo 0,3 e il 2,3% nel 2013. Rispetto alle proiezioni di settembre, l'intervallo per il 2011 risulta infatti «più ristretto, mentre quello per il 2012 è stato modificato al ribasso in misura significativa» (tre mesi fa la forchetta era fra 0,4% e 2,2%). Draghi ha però sottolineato i punti decisivi sui cui si dovrà insistere, nei prossimi mesi, per uscire dalla crisi. La premessa è partita da una rassicurazione importante. Parlando in terra tedesca, terra di rigore fiscale, Draghi ha immediatamente calcato la mano sul valore dell'indipendenza della banca centrale per garantire la stabilità dei prezzi. Ottenuta però anche a costo di tenere un euro sopravvalutato che si sta insinuando lentamente nella ricca economia tedesca con una frenata della ricchezza prodotta nel 2012 già certificata. Il presidente ha poi fornito una chiave di lettura delle misure decise a Francoforte la settimana scorsa dal consiglio direttivo della Bce. Le decisioni prese a Bruxelles, ha poi aggiunto commentando l'ultimo vertice dei 27 Paesi membri dell'Ue, vanno nella direzione giusta per rendere più robusta la credibilità dell'eurozona. «Le banche sono sottoposte a una notevole pressione per mancanza di capitale e per la condizioni del funding», ha detto affrontando il tema cruciale del suo intervento. La spinta alla ricapitalizzazione «non è un processo semplice», ha spiegato, sottolineando che questa passa per tre opzioni, «l'aumento di capitale, la vendita degli asset, e la riduzione del credito». «La prima opzione è migliore della seconda, e la seconda è molto meglio della terza», ha aggiunto, invitando le banche «a evitare una riduzione del credito all'economia reale». Spiegando le decisioni prese a Francoforte la settimana scorsa, con il taglio del tasso di interesse di altri 25 punti base - all'1% - Draghi ha sottolineato che questa misura nelle condizioni attuali ha un impatto più debole del solito. In questa chiave si leggono le altre misure prese l'8 dicembre, come le aste a 36 mesi a tasso fisso e i fondi disponibili senza limiti per le banche. Draghi si è poi soffermato sugli esiti del vertice europeo di Bruxelles, che ha incassato la sua approvazione: «Prese nel loro insieme penso che queste decisioni sono in grado di rendere la finanze pubbliche dell'area euro credibilmente robuste», ha detto citando le riforme strutturali della crescita, «troppo a lungo procrastinate dagli Stati europei», il patto di bilancio e il meccanismo di sanzione automatica per chi devia dalle regole. «Gli investitori però devono anche esser rassicurati del fatto che i debiti saranno onorati. La Grecia rimarrà un caso unico» ha concluso.

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