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Al processo Silvio fa l'architetto

l'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi in aula al Palazzo di Giustizia di Milano

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Quel giorno del 2007, quando il fotografo Antonello Zappadu fece degli scatti che ritraevano Silvio Berlusconi in compagnia di alcune ragazze nel parco di Villa Certosa in Sardegna era in corso «un evento di natura privata». E ieri a quasi cinque anni da quel 17 aprile quando l'ex direttore del settimanale Oggi Pino Belleri decise di pubblicare le foto, è toccato a Berlusconi testimoniare come parte civile nel processo milanese a carico di Belleri imputato per ricettazione delle fotografie e violazione della legge sulla privacy. Così, per la prima volta da quando è coinvolto in un processo, il Cav ha risposto davanti a un giudice, in un'udienza pubblica per dire, in sostanza che, quando il fotografo Zappadu carpì quegli scatti venne violata la sua proprietà privata e per spiegare che quelle fotografie mostravano un «evento privato», presentato sulla stampa in un modo, come Harem di Berlusconi, che contravveniva alla realtà». In un palazzo di giustizia semi deserto per il ponte dell'Immacolata, l'ex presidente del Consiglio è così arrivato alle 10.45 per andarsene dopo una mezz'ora a fare shopping in via Montenapoleone in centro a Milano. Nel mezzo Berlusconi doveva rispondere alle domande del suo avvocato, Niccolò Ghedini, a quelle della difesa, Caterina Malavenda e a quelle del giudice Maria Teresa Guadagnino. «È impossibile fare quelle foto se non si entra nella proprietà», ha esordito l'ex premier, rispondendo alla Guadagnino. «Sapevo - ha proseguito - che c'erano persone appartenenti al gruppo in visita che stavano facendo delle foto. Non sapevo però che dei fotografi non autorizzati fotografassero da lontano». E per spiegare ai giudici che era impossibile scattare quelle immagini fuori dai confini della proprietà, Berlusconi ha anche mostrato una fotografia aerea dell'area della villa, chiarendo che lui e i suoi ospiti, «una dozzina», erano vicino a un lago e che le foto erano senza dubbio state scattate da un «costone» montagnoso che fa parte di Villa Certosa. Violata la proprietà e per di più in occasione di «un evento privato dove c'era anche una nostra militante di Bari molto attiva pubblicamente». Con loro anche il personale di sicurezza, «una decina di persone solitamente armate e anche i giardinieri, che sono una trentina». E pure ospiti uomini, però «le foto riportavano solo presenze femminili per creare - questa l'opinione dell'ex premier - una situazione attraente a una eventuale vendita degli «scatti». Poi sul contenuto delle foto: «C'erano cinque persone che mi stavano addosso in una foto di gruppo, foto che io faccio sempre per persone che chiedono di avere un ricordo». E ancora: «Sul fatto che io prendessi per mano i miei ospiti, dico che è mia abitudine, è il mio modo di comportarmi normale». Questo in risposta all'avvocato Caterina Malavenda, legale di Belleri, che voleva chiarimenti sui «rapporti» tra Berlusconi e le giovani. Domanda subito "stoppata" da Ghedini e poi dal giudice Guadagnino, «perché si tratta di domanda non pertinente all'imputazione». E proprio quando si parla di quelle ragazze, Berlusconi ricorda di aver già precedentemente visto soltanto «la Sozio (Angela, ex concorrente del Grande Fratello, ndr)». Le altre invece, «non le avevo mai viste prima». Intanto l'occasione della testimonianza in tribunale ha permesso all'ex premier anche di descrivere quel «parco delle meraviglie», che è Villa Certosa, «un milione di metri quadri», dove «chi viene decide molto malvolentieri di andarsene». «Una villa centrale con diverse altre ville per ospiti, un teatro, uno studio tv, un'area per eventi, musei botanici dei cactus, dei ficus, degli agrumi, quello degli ibiscus che è il più grande al mondo, un'area per le farfalle, una per l'insediamento dei pesci, una pizzeria, una gelateria e un lunapark». Descrizione che il Cav avrà modo di approfondire a breve dato che dovrà fare il "bis", perché la difesa di Belleri vuole risentirlo. Una richiesta alla quale l'ex premier ha risposto scherzando: «Ho appena detto (ai cronisti, ndr) di avere ormai un ufficio qui in Tribunale, perché ho 38 udienze da qui fino a gennaio». Una cifra che Ghedini precisa riferirsi al numero di udienze che l'ex premier avrà fino a Pasqua.

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