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Ora protestano le edicole Serrata di tre giorni contro le liberalizzazioni

Il presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti

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Si allarga il fronte della protesta contro le liberalizzazioni mentre il premier Mario Monti e il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera ribadiscono che su questo tema il governo intende andare avanti superando le resistenze. Dopo i farmacisti e i taxi ieri ad alzare le barricate sono state le edicole. I sindacati hanno annunciato una serrata di tre giorni (27-28-29 dicembre) per protestare contro la liberalizzazione varata con la manovra. Pur senza alcun riferimento esplicito nel testo la categoria sarebbe l'unica rimasta tra quelle salvate in corner. Cgil, Uil, Ugl, Confesercenti e Confcommercio prospettano uno scenario pesante: la chiusura di migliaia di edicole, il coinvolgimento di oltre 50.000 famiglie e il passaggio del settore a circa 100 soggetti privati, che «operano in un regime di monopolio di fatto nell'ambito territoriale di loro competenza». Il rischio è «di concentrare la diffusione dell'informazione e dello sviluppo della rete in capo a soggetti privati con le conseguenze di dare un colpo mortale alla democrazia nel nostro Paese». Quanto ai vantaggi per i consumatori «non ce ne saranno» spiegano i sindacati, in quanto il prezzo delle pubblicazioni è comunque fissato dagli editori. I sindacati quindi puntano ad avere un trattamento più soft come per le farmacie o addirittura a essere risparmiati come è stato per i tassisti. Ma le proteste contro le mancate liberalizzazioni stanno montando. Non ultime quelle del presidente di Confindustria Emma Marcegaglia che ha accusato il governo «di aver ceduto a pressioni» e ha chiesto di ripristinare le norme poi tolte dalla manovra. A questo fuoco di fila Monti ha risposto che intende andare avanti. «Le resistenze sulle liberalizzazioni per me non sono una novità. Spesso vengono superate non al primo colpo, ma con una determinazione tenace, vengono superate». Un intendimento rilanciato da Passera: ci sono resistenze pazzesche, c'è chi si è messo di traverso ma noi andremo fino in fondo. Ma le polemiche non riguardano solo le liberalizzazioni. La manovra anche nella versione emendata continua a essere considerata troppo squilibrata sulle categorie più deboli. Non solo. C'è il timore che le pesanti misure fiscali non compensate da adeguati interventi a favore dello sviluppo, comprimano ancora di più l'economia. C'è anche il rischio che il malessere sfoci in tensioni sociali che i sindacati, tagliati fuori dalla concertazione, non riescano a governare. Di questo scenario e dei prossimi interventi soprattutto sul mercato del lavoro, Monti avrebbe discusso con il Capo dello Stato Giorgio Napolitano in un incontro in serata dopo una giornata molto intensa per il premier che ha incontrato il leader Cnt Jalil, i presidenti delle Regioni del Sud e poi i diplomatici in occasione della Conferenza annuale. Il prossimo nodo da sciogliere sarà quello del mercato del lavoro con misure per creare nuova occupazione ma anche con una revisione degli ammortizzatori sociali per quelle categorie, i giovani precari e i cinquantenni espulsi dal lavoro, che ora sono scoperti. Nei vari incontri Monti ha ribadito l'obbligatorietà della manovra perché «senza questa, i sacrifici per l'Italia sarebbero stati più grandi». E poi, «è falso che pagano i soliti noti; ci sono dei nuovi noti che sono invitati a pagare e lo faranno». Il premier ha rivendicato la presenza di «una serie di misure per la crescita». C'è stata «attenzione abbondante alla fiscalità e a colpire il meno possibile gli incentivi a produrre. Non abbiano toccato le aliquote Irpef e abbiamo agito sull'Irap per rendere più conveniente l'assunzione non precaria di donne e giovani». Ieri è stato presentato il piano per il Sud. «Non attribuisce nuovi fondi ma inizia a usare meglio fondi già assegnati, ovvero 3,1 miliardi» ha detto Monti. E sulla crescita ha insistito anche il ministro Passera. «Siamo in recessione, ma l'Italia può farcela». L'emergenza secondo Passera è quella del credito. «Le banche hanno affrontato le crisi con le loro risorse», ma adesso, con l'impennata dei rendimenti dei titoli di Stato e la necessità di rafforzare la patrimonializzazione degli istituti bancari, «prendono una botta pazzesca, e le risorse per il credito diminuiscono non per cattiveria ma per una oggettiva indisponibilità». Ma Monti ha anche parlato di Europa auspicando che l'Euro non diventi occasione di divisione e non si crei la separazione tra Paesi virtuosi e Paesi viziosi. Poi ha sottolineato, anche in polemica con il governo Berlusconi, «il patrimonio di simpatia dell'Italia all'estero». Agli ambasciatori Monti ha detto che l'Italia sta facendo in tempi rapidi i «compiti a casa non senza «seri disagi per gli italiani» diventando non solo più credibile ma anche più influente in Europa. Ed ora deve giocare la carta del rilancio anche mettendo in campo «l'orgoglio nazionale». Perchè l'essere «italiano» è un aggettivo «che vale più dello spread». Ai diplomatici il premier ha chiesto una sponda per l'operazione «credibilita», una delle priorità del governo.

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