Nasce l'Ue a 2 velocità senza Londra
Il vertice che doveva sancire la salvezza o il fallimento dell'euro, preceduto da dichiarazioni apocalittiche sulla possibile esplosione della moneta unica, si è tramutato nell'ennesima sconfitta della politica europea. Ieri scadeva il termine dell'allarme lanciato dal presidente del Consiglio Europeo, Van Rompuy, sui dieci giorni più importanti della vita del conio comunitario. Ma a ben vedere il confronto tra i 27 capi di Stato e di governo convenuti a Bruxelles ha prodotto risultati «evanescenti». E soprattutto ha spostato ancora una volta in avanti il meeting risolutivo per mettere d'accordo tutti, o quelli che hanno realmente a cuore il salvataggio dell'Eurozona. I «dignitari» della corte europea mangeranno il panettone o l'equivalente del Nord Europa con una relativa tranquillità. Il nuovo appuntamento è stato fissato a marzo, forse prima. Comunque nel nuovo anno. Alla faccia del rischio di crolli delle economie più deboli di Eurolandia e dei piani di changeover annunciati e immediatamente smentiti dalle cancellerie e dalle banche centrali. Anche per questo. Per l'ennesima dilazione su una decisione complessiva e forte da parte dei partner si è parlato di un fallimento del summit. Parola immediatamente censurata dal premier italiano Mario Monti: «Non so se questo vertice ha salvato l'euro. Non lo saprà nessuno da qui a qualche giorno. Rispetto ai ritmi europei c'è un'accelerazione a marzo, nella prima bozza si parlava di giugno. Per gli eurobond era stata preparata una tomba senza fiori, ma invece se ne parlerà a marzo, e i soldi in più ci sono. Può darsi che tutto questo non basti, ma non mi sembra il vertice dei fallimenti». Criptico ed ecumenico. Anche perché il prezzo del salvataggio, per ora virtuale dell'euro, e cioè imporre il modello tedesco fatto di rigore, sanzioni e disciplina, ha fatto perdere all'Europa la Gran Bretagna di Cameron, che ha allargato la Manica che la divide dal Continente e si è rinchiusa ancora di più nel suo isolamento. Già. Londra ha detto no alla «Schengen dell'Euro» che nascerà dal nuovo Trattato, firmato entro marzo 2012 e ieri faticosamente disegnato dai leader dei 26. Per dare stabilità alla moneta unica, la zona Euro diventa più «tedesca» e crea un'Unione o Patto di bilancio che rafforza le regole e gli strumenti anti-crisi come il fondo salva-Stati, per evitare nuovi casi Grecia e per assicurare conti pubblici sani che non diano margine di speculazione ai mercati. Anche gli altri 9 Stati, fuori dall'Euro, si vincolano a regole più stringenti con l'idea di andare verso una maggiore convergenza economica. «Unione fiscale» è stata definita. Senza un dettaglio specifico di cosa significhi effettivamente. E che è il frutto di una lunga trattativa consumata tra giovedì notte e ieri che ha visto il premier inglese Cameron o irremovibile nella sua richiesta: ottenere, in cambio del suo necessario via libera alla riforma dei Trattati, un'esenzione dall'applicazione delle regole Ue sui servizi finanziari che da sempre la City (il distretto finanziario)non digerisce. Una richiesta giudicata «inaccettabile» da molti, in primo luogo dal presidente Sarkozy ma anche dallo stesso Monti. Che alla fine non ha lasciato altra scelta che imboccare la strada tanto cara alla Germania, vera vincitrice del summit: procedere alla stesura di un nuovo Trattato intergovernativo - il cosiddetto Patto di bilancio che dovrebbe essere firmato il prossimo marzo - con i 17 Paesi dell'eurozona più altri «volontari». Ed è stato a questo punto che si è avuta la seconda sorpresa. Ben nove dei dieci Paesi fuori dall'Eurozona hanno deciso di aderire all'iniziativa lasciando Cameron completamente isolato. Non è chiaro da cosa. Il summit ha comunque deciso di anticipare a marzo 2012 l'operatività del fondo salva-Stati permanente Esm (dotandolo di una potenza di fuoco di 500 miliardi di euro), di affidarne la gestione alla Bce e di mettere a disposizione del Fmi altri 200 miliardi di euro - sotto forma di prestiti bilaterali - per affrontare la crisi. Un po' poco per salvare l'euro. Lo hanno fatto notare ieri in serata gli Usa: emergono «i segni di progresso sulla strada della soluzione della crisi, ma ne servono altri».