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Monti: è una manovra impopolare ma non ho problemi di voto

Il presidente del Consiglio Mario Monti alla Camera dei deputati

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«Avrei preferito un accordo a 27 ma il vertice a Bruxelles non è stato un fallimento. E l'Italia ha dato il suo contributo». Al termine della maratona notturna del Consiglio europeo che ha sancito l'accordo Ue senza la Gran Bretagna, il presidente del Consiglio non si sottrae al fuoco di fila delle domande dei giornalisti. Risponde a tutto campo, sull'esito dell'intenso e difficile vertice europeo ma anche sulla manovra. Mentre parla sono infatti in corso le audizioni e sul decreto salva-Italia sono piovuti 1.300 emendamenti. Come regalo di Natale «vorrei la comprensione dei cittadini chiamati allo scatto» dice Monti e promette: in cambio darà serenità e la fiducia che i sacrifici non saranno vani. Poi sottolinea che la manovra «è una dose d'urto che funzionerà». Prima commenta l'esito del vertice europeo. Sulla vexata quaestio degli eurobond precisa che «non figurano nell'accordo, ma questo non significa che le trattative non vanno avanti». Rivendica all'Italia un ruolo di primo piano nel vertice. «Io mi sono battuto: è prevalsa l'idea che sarebbe incoerente che per una zona integrata che dichiara di voler fare passi verso una unione fiscale dichiarare di non volere uno strumento utilissimo come l'emissione in comune dei titoli pubblici». Prima di Natale non ci saranno altri consigli europei ha detto il premier. Sull'esclusione della Gran Bretagna sottolinea che qualcuno potrebbe sostenere che senza Londra «c'è più coesione fra i Ventisei». Monti ha sottolineato che sono state prese «decisioni di vasta portata che comportano il ristabilimento di un quadro più rigoroso, con maggiore credibilità dei criteri di rispetto, e contemporaneamente, la messa a disposizione di un potere di fuoco per la prevenzione del contagio tra i Paesi dell'eurozona», attraverso l'anticipo del Meccanismo europeo di stabilità, il dispiegamento della leva del fondo salva-stati e le risorse aggiuntive, fino a 200 miliardi di euro, per il Fondo monetario internazionale. Per quanto riguarda il rafforzamento della disciplina di bilancio, il premier ha infine voluto sottolineare che, «con quello che è stato negoziato, viene completata e resa più sistemica, elevata di dignità giuridica la batteria di strumenti già esistente», il six-pack ed i due nuovi regolamenti della Commissione. Nicolas Sarkozy irritato per l'esito del vertice europeo? Monti risponde in modo piuttosto diplomatico. «Non so quanto il presidente francese fosse ansioso di tenere il Regno Unito a bordo a tutti i costi e se lo era non c'è riuscito». «Sarkozy - aggiunge ancora il presidente del Consiglio - voleva uno strumento di Trattato, in questo si era allineato alla posizione della Merkel, e l'hanno avuto». «Poi, come è noto - osserva il premier con una battuta - ha una personalità non fatta di nuances e quindi immagino che nell'esprimere insoddisfazione o soddisfazione ci sia molto da imparare da lui». Il premier riconosce che il vertice di Bruxelles non ha affrontato il problema della crescita. «È vero che la politica economica dell'Unione Europea è poco focalizzata sulle esigenze della crescita, ma quella di stanotte non era la circostanza più favorevole per parlarne». D'altro canto, ha tenuto a ricordare il premier, «sappiamo che oggi la credibilità si riesce a perderla molto rapidamente e la si conquista invece molto più lentamente: oggi l'Italia è visibilmente più creduta, ma non può cominciare a battersi tre giorni dopo solo per la crescita e non per il rigore». Il Capo del governo ha detto di aver ricordato ai colleghi europei, «in un momento un po' accalorato» dell'intervento a Bruxelles, «le misure adottate domenica per sottolineare che l'Italia non è un Paese che non ama disciplina di bilancio, ma è un Paese fra quelli che hanno sofferto di più per la totale carenza di disciplina negli ultimi decenni». Ma le riflessioni maggiori Monti le riserva per la manovra. Non si dice preoccupato per le proteste e le critiche; vanno messi in conto. «Sarebbe sorprendente se non ci fossero grosse resistenze. Sono e siamo consapevoli del fatto che chiediamo un forte impegno agli italiani e non possiamo permetterci di chiederlo solo ad una piccola categoria più agiata e quindi la difficoltà psicologica, la reazione, la protesta sono da mettere in conto». Sono sacrifici, ha detto ancora, «importanti in qualche caso penosi da fare e penosi anche per chi chiede che vengano fatti, cioè il governo». Sugli emendamenti dei partiti, «i ministri competenti stanno lavorando in queste ore», ha sottolineato poi il premier. «I partiti stanno discutendo, non è ancora il momento in cui possa dire che cosa sarebbe o meno accolto. Sappiamo che ci sono forze politiche che sono in forte disagio», ha detto ancora il Professore, ma ha ricordato che i partiti «mai avrebbero potuto permettersi di varare misure così impopolari. A noi importa rendere un buon servizio, non è un problema nostro pensare alle elezioni». In ogni caso, «si sta lavorando agli emendamenti con uno spirito non puramente finanziario. Mentre in certe manovre squisitamente ed esclusivamente finanziarie l'unica cosa che non si può toccare è il saldo, qui la cosa è più complessa e ambiziosa», in quanto si lavora anche alla strutturalità di certe riforme e alla distribuzioni dei carichi. «Se avessi avuto almeno sei mesi, per mettere mano anche all'evasione la manovra sarebbe stata più equa», afferma il Professore. E sulle discussioni che hanno riguardato le trasmissioni a cui andare oppure no per spiegare la manovra ai cittadini, il giudizio è stato secco: «provinciali. L'importante è illustrare le misure agli italiani». E questo significa far capire che «l'alternativa ai sacrifici è disastrosa, perché la condizione della finanza pubblica italiana senza questa manovra sarebbe molto molto precaria. Sono sacrifici che comportano un minor benessere o in qualche caso un maggior malessere rispetto ad una situazione che però è puramente astratta e ipotetica, cioè quella in cui questi sacrifici non venissero richiesti». Nell'incontro con i giornalisti Monti conferma che sul fronte Ici alla Chiesa, che si va surriscaldando a livello politico, «in questi 17 giorni non abbiamo preso nessuna decisione e sono anche a conoscenza di una procedura aiuti di Stato» a livello europeo. Sulla riforma delle pensioni, oggetto di grandi proteste, «aspetto di vedere l'insieme delle posizioni delle forze politiche e poi farò una valutazione che non voglio in alcun modo anticipare». Il decreto varato domenica scorsa, ha insistito il presidente del Consiglio, «ha visto riconosciuti i requisiti di necessità ed urgenza anche per le misure strutturali che contiene».

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