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Monti cede ai partiti "Ora la manovra è più equa"

Il presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti

Il premier in Senato, bagarre leghista

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Annuncia quando ormai è sera trionfalmente Pier Ferdinando Casini su Twitter: «Ho parlato con Monti. Per fortuna c'è qualcosa per le famiglie: finalmente!». Il senso della giornata è tutta qua. Il governo dei tecnici ha ceduto ai politici. Di più, ai partiti. Che subito si sono reimpadroniti della possibilità di decidere sui propri stipendi. Tanto per cominciare. E via via anche delle altre scelte a «scender per li rami». Come il via libera alle liberalizzazioni sui farmaci sollecitato dalle coop ma tenendo fuori i taxi come preferisce larga parte del centrodestra. Di alleggerire l'Imu (la vecchia Ici) e le pensioni ma prevedendo inevitabilmente nuove entrate.   Mario Monti sceglie dunque la strada della trattativa. O sarebbe meglio dire: capitolare. Consegnare pezzi della manovra per venire incontro alle richieste della sua maggioranza (che continua a non definirsi tale). Così il premier si presenta in Parlamento a metà giornata, poco prima dell'audizione in commissione Bilancio che era prevista inizialmente nel primo pomeriggio e slitterà per tutto il giorno sino a tarda sera. Perché? Perché il capo del governo tecnico decide di vedere i partiti che gli devono votare la manovra. Si comincia con il Terzo polo, la coalizione più vicina al Professore. E alla fine un sospiro di sollievo per il bonus sull'Imu per le famiglie con figli. «È qualcosa che si avvicina al quoziente familiare applicato, per ora, alla casa», sottolinea Gianluca Galletti che era nella delegazione terzopolista assieme a Bruno Tabacci e al futurista Benedetto Della Vedova. Nella sala del governo di Montecitorio entra anche Dario Franceschini, capogruppo del Pd, e ne esce piuttosto soddisfatto: «Si è trattato di un confronto civile e costruttivo», dice ai cronisti che gli domandano se sono state accolte le richieste del Pd. «Richieste è un termine sbagliato - spiega il capogruppo dei Democratici - è il Parlamento che decide».   In realtà nel pomeriggio il partito di Bersani si mostrerà ancora più cauto. Si ricorda che il Pd resta in attesa che l'indicizzazione delle pensioni venga estesa anche al 2013. Poi il capitolo liberalizzazioni. «Insisteremo perché non ci siano passi indietro», faceva sapere il segretario Pier Luigi Bersani. Il Pdl invece spedisce l'ex sottosegretario Luigi Casero e dal vicecapogruppo Massimo Corsaro. «Abbiamo parlato delle richieste che tutti conoscete. Adesso vediamo», si limita a dire l'ex vice di Giulio Tremonti. Di sicuro il Pdl incassa il tetto massimo per gli stipendi della pubblica amministrazione e il contributo per le pensioni d'oro. Infine Monti, presiede una riunione del Consiglio dei ministri con la quale si autorizza la fiducia, e quindi con il ministro per i Rapporti con il Parlamento Pietro Giarda, uno degli autori della manovra, vede i due relatori al decreto. E si mettono su carta le modifiche alla manovra. In serata tira le somme: «Siamo in grado di accogliere suggerimenti per rafforzare l'equità del provvedimento per salvare l'Italia». Ma alla fine dell'audizione Monti si concede qualche frecciata alla politica. «Qualcuno ha detto "non servivano professori per fare questa manovra" – commenta – Parole sacrosante. Si guarda a me come se fossi corresponsabile o fautore di un Governo di tecnici. Altri l'anno voluto, io non ho fatto alcuna candidatura per trovarmi in questa posizione». Poi ancora più duro a chi gli tra i parlamentari gli ribatte che anche altri potevano fare le misure contenute nella manovra. «È verissimo, ma perchè non le avete fatte voi? – è la risposta – Perché il sistema politico si era incartato in un bipolarismo ad alta concentrazione di conflitto. Eravate paralizzati, sennò non saremmo arrivati noi, non ci avreste chiamato». Infine una chiusura al veleno: «L'Italia sta perdendo la sua quota di sovranità deliberatamente come tutti gli altri Paesi europei. L'Italia in più ha perso la sovranità con qualche quota di troppo perché si è messa in una posizione di debolezza rispetto agli altri Paesi Europei». «Se fossi stato nel Governo – è la conclusione – non sarei stato lieto di vedere un comunicato del Presidente francese che ci diceva cosa dovevamo fare. Non sarei stato lieto di ricevere una lettera firmata dai banchieri centrali».

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