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La politica si salva, tagli a gennaio

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Il presidente della Camera Gianfranco Fini con il presidente del Senato Renato Schifani

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Anche i parlamentari tireranno la cinghia, parola di Gianfranco Fini e Renato Schifani. Ma mentre i primi effetti della manovra sui "comuni mortali" si fanno già sentire (vedi l'aumento della benzina), e gli altri arriveranno al massimo entro Natale (così vuole l'Unione europea), per veder fare qualche piccolo sacrificio anche ai parlamentari dovremo aspettare l'anno nuovo. Solo «entro la fine di gennaio», infatti, il Parlamento «sarà in grado di dare corso alle modifiche dei meccanismi che regolano le indennità di deputati e senatori». A spiegarlo è il presidente della Camera, incalzato dalle domande dei cronisti dopo aver preso parte ad una lezione di scienza della politica alla Luiss. «Il Parlamento dai primi di gennaio si metterà al lavoro per concludere il prima possibile, al massimo entro la fine del mese. Se, come prevedibile, la commissione Giovannini non avrà concluso i lavori, procederemo autonomamente alla riforma prevista», aggiunge facendo riferimento alla commissione di tecnici guidata dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini, incaricata di comparare gli stipendi di parlamentari e dirigenti pubblici italiani con quelli dei loro omologhi europei. Un taglio ci sarà, assicura Fini. «Abbiamo concordato che entro il mese di gennaio, studieremo insieme un sistema di adeguamento delle indennità parlamentari», gli fa eco Schifani. Si adotteranno i criteri di «equità e responsabilità», precisa. In realtà le nuove regole ancora non si conoscono. Solo, saranno le Camere a provvedere al taglio delle indennità di deputati e senatori e non un decreto dell'esecutivo come prevedeva la manovra. Lo ha stabilito un emendamento del governo presentato alle commissioni Bilancio e Finanze, che «sana» così una norma che sarebbe stata illegittima. La manovra (articolo 23, comma 7) stabiliva infatti che nel caso in cui la commissione governativa per il livellamento retributivo Italia-Europa non avesse provveduto, entro il 31 dicembre 2011, all'individuazione della media dei trattamenti economici europei dei «titolari di cariche elettive e di incarichi di vertice delle pubbliche amministrazioni», sarebbe stato proprio l'esecutivo a provvedere «con apposito provvedimento d'urgenza». La retromarcia era d'obbligo. «Il Parlamento e il governo, ciascuno nell'ambito delle proprie attribuzioni, assumono immediate iniziative idonee a conseguire gli obiettivi» di risparmio, si legge nell'emendamento presentato ieri. E c'è di più. Se infatti - come spiega lo stesso Giovannini - «nella legge che ad agosto ha istituito la commissione che io presiedo, c'è un ultimo comma, che forse qualcuno ha dimenticato, che dice che i risultati della commissione si applicano per i parlamentari a partire dalla prossima legislatura, e per i dirigenti pubblici dalle nuove nomine», il presidente Fini ha assicurato che «le nuove regole riguarderanno anche i parlamentari eletti in questa legislatura». Sarà vero? Aspettare per credere. Arriverà già oggi, invece, la riforma dei vitalizi. Il via libera definitivo degli uffici di presidenza di Camera e Senato è previsto per le 18. Dal primo gennaio del 2012, quindi, sarà introdotto il sistema di calcolo contributivo, lo stesso previsto per la generalità dei lavoratori. Tale sistema sarà applicato per intero per i neo eletti e pro rata per chi già siede in Parlamento. Con le nuove norme, come deciso lo scorso 29 novembre da Fini, Schifani e il ministro del Welfare, Elsa Fornero, deputati e senatori percepiranno la pensione non prima del compimento dei 60 anni per chi sia stato parlamentare per più di una legislatura e al compimento dei 65 anni per chi invece abbia versato i contributi per una sola intera legislatura. Non tutti, però, sono d'accordo. «Chi è stato parlamentare per una sola legislatura andrà in pensione a 65 anni con poco più di 800 euro, chi ne ha fatte due percepirà a 60 anni 1300 euro. Risultato? Nessuno più vorrà fare il deputato. Solo il ricco industriale potrà farlo. Perché un funzionario della pubblica amministrazione, ad esempio, dovrebbe rinunciare alla sua carriera?», si domanda il questore della Camera Antonio Mazzocchi (Pdl). Convinto dell'importanza del buon esempio, invece, il Quirinale: l'estensione del sistema contributivo varrà anche per i dipendenti del Colle, nonostante siano sottoposti ad un sistema previdenziale autonomo.

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