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I leghisti non mollano. Pioggia di emendamenti

Il leader della Lega Umberto Bossi

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Sono oltre 1.400 gli emendamenti presentati al decreto legge sulla manovra nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. E di questi circa 600 portano la firma della Lega Nord, che ha insistito in particolare sulle pregiudiziali di costituzionalità di un provvedimento che porta con sé, tra l'altro, interventi sulle Province, organismi citati appunto nella Costituzione. Argomento sul quale è intervenuta anche la deputata del Pdl Maria Teresa Armosino che sfoga tutto il suo dissenso annunciando di non votare «una manovra che ha norme palesemente incostituzionali» revocando così «la fiducia a chi contribuisce alla captatio benevolentiae in base a falsità totali». Molti sono anche gli emendamenti dell'Idv, l'altra forza politica critica nei confronti delle mosse compiute dal governo Monti e che per bocca del proprio leader Antonio Di Pietro ha annunciato l'adesione allo sciopero di lunedì prossimo «al fianco dei lavoratori che scenderanno in piazza». Non mancano, infine, richieste di aggiustamento da parte di Pdl e Pd, i principali sostenitori dell'esecutivo. Si tratta insomma del classico «assalto alla diligenza» con cui le forze politiche cercheranno di correggere un testo che contiene molti tagli e molti provvedimenti sgraditi, ora all'uno ora all'altro gruppo parlamentare. E saranno proprio gli emendamenti che arriveranno dalle forze di maggioranza che il presidente del consiglio Mario Monti prenderà in esame come è stato spiegato dallo stesso ieri: «Mi riservo di vedere con i colleghi l'insieme delle proposte di modifica avanzate dalle forze politiche che hanno votato la fiducia a questo governo». E mentre Monti annuncia concertazione la politica dibatte sulla convenienza o meno che il governo ponga un voto di fiducia. Il primo è il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini, per il quale «la presentazione di circa 1.400 emendamenti, è la ragione per cui il governo metterà la fiducia». Una questione di tempistica sostenuta anche dal vicepresidente della Regione Lazio il centrista Luciano Ciocchetti per il quale «se la manovra non venisse approvata fra tre-quattro mesi l'Italia non avrebbe i soldi per pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici». E sulla questione fiducia sono intervenuti anche due ex ministri Pdl come Gianfranco Rotondi («La metta e la voterò anche io. Diversamente la vedo dura e non è il caso di scherzare col fuoco») e Franco Frattini per il quale «se il governo Monti chiamerà alla fiducia noi saremo chiamati al senso di responsabilità» Ma è proprio nel Pdl che dopo le dimissioni del Cavaliere, si respira ancora un clima di sfiducia: in tanti sono rimasti disorientati dal governo tecnico e la scelta di sostenere la manovra di «lacrime e sangue» continua a suscitare malumori.

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