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Enti, partiti e sindacati: chi paga e chi no

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«Come avete visto sull'Ici per gli immobili della Chiesa noi non abbiamo deciso niente. E per ora mi fermo qui». È stato lapidario ieri il presidente del Consiglio Mario Monti, rispondendo nella conferenza stampa al termine del Consiglio europeo a Bruxelles, sulla esenzione dall'Ici degli immobili della Chiesa utilizzati per scopi non esclusivamente commerciali. Intanto in Italia continua a montare la polemica sui presunti privilegi della Chiesa. Anche fra le fila del Pdl: ieri quattro deputati (Maurizio Bianconi, Viviana Beccalossi, Monica Faenzi e Francesco Biava) hanno infatti presentato due emendamenti alla manovra per far pagare l'Ici anche alle parrocchie, agli oratori e agli edifici di culto o, in subordine farla pagare almeno a quegli oratori che affittano campi di calcio o sale per le feste di compleanno. Viene proposto di esentare dal pagamento dell'Imposta chi possiede una sola casa sotto i 100 metri quadrati. Come copertura i quattro del Pdl propongono di colpire gli Enti Religiosi, con due diverse ipotesi. La prima è quella far pagare l'Ici agli «enti ecclesiastici che svolgono attività commerciale, anche in parte». Ed è quello che fanno abitualmente tutte le parrocchie e gli oratori che affittano sale per le feste di compleanno dei bambini o campi di calcio la sera, per poter pagare le attività sociali. I quattro parlamentari propongono anche di elevare l'Imposta sugli immobili delle banche. La seconda forma di copertura è ancora più pesante. Verrebbe infatti eliminata l'esenzione dall'Ici per gli edifici di culto, per tutte le Associazioni (enti ecclesiastici, Onlus, Sindacati e Partiti) e per gli immobili a destinazione uso culturale. «Siamo davanti ad una manovra - dichiarano Bianconi, Beccalossi, Biava e Faenzi - che, al di là del nome che porta, deve offrire un forte segnale di equità. E se equità deve essere quindi, è giusto che anche quegli enti, quelle associazioni e tutti quei soggetti che finora sono stati esenti dal pagamento di una tassa, quella sugli immobili, che non fa davvero piacere a nessuno pagare, contribuiscano a risollevare le casse dello Stato». Secondo i deputati c'è «un profilo di concorrenza sleale rispetto ad analoghe attività in mano a privati che non va affatto sottovalutato». I mal di pancia di una parte del Pdl si aggiungono alle perplessità manifestate dallo stesso ministro per la Cooperazione e Integrazione nonché esponente della Comunità di Sant'Egidio, Andrea Riccardi. «Credo che le attività di culto, culturali della Chiesa siano una ricchezza per il Paese e quindi l'Ici-Imu non va pagata ma per quelle che possono essere le attività commerciali gestite dalla Chiesa, dai religiosi, dalle associazioni cattoliche vigilino i Comuni o chi è preposto a questo per vedere se l'imposta viene pagata e intervenga», ha detto Riccardi. Ma non è solo la Chiesa a dover scendere in trincea per i presunti privilegi fiscali. Un comunicato unitario di Cgil, Cisl e Uil ieri ha ribadito che «i sindacati pagano regolarmente l'Ici ad ogni livello in base alla legislazione vigente» e «possono attestare l'avvenuto pagamento dell'Ici con i relativi bollettini». In realtà, dal sociale al culturale, passando per le rappresentanze straniere in Italia, ambasciate e consolati spesso collocate in edifici di pregio, sono tante le aree di privilegio. Sono infatti esonerati gli enti «non commerciali o che svolgano attività non esclusivamente di carattere commerciale». Come tutti quegli edifici di proprietà di Stati esteri e di organizzazioni internazionali. Fondazioni culturali e liriche, Camere di commercio, e anche ospedali, università, scuole. Le norme sono diverse e si prestano a diverse interpretazioni secondo gli ambiti di applicazione. I musei, per esempio, non sono tenuti al pagamento dell'Ici a patto però che non vi si svolgano attività di natura commerciale come book-shop, vendita di oggettistica, caffetterie o ristorazione. Praticamente, oggi come oggi, la dovrebbero pagare tutti. Poi ci sono i cinema, ma non i classici multisala. Piuttosto le sale cinematografiche della comunità ecclesiale o religiosa, i cinema d'essai e simili. E per i teatri l'esenzione viene riservata a chi si avvale di compagnie non professionali. A fare chiarezza sui requisiti richiesti per il riconoscimento dell'esenzione è una circolare emanata dal ministero dell'Economia e delle Finanze del 26 gennaio 2009. Il testo distingue tra requisito «di carattere soggettivo» e requisito «di carattere oggettivo». Il primo fa riferimento al fatto che «l'immobile deve essere utilizzato da un ente non commerciale», il secondo chiarisce che «gli immobili utilizzati devono essere destinati esclusivamente allo svolgimento delle attività tassativamente elencate dalla norma e le attività non devono avere esclusivamente natura commerciale». Esenti Ici sono in sostanza tutti quegli edifici pubblici destinati a compiti istituzionali posseduti dallo Stato, da enti territoriali come Regioni, Comuni, consorzi tra enti pubblici, comunità montane, unità sanitarie locali, Camere di commercio. In sostanza gli enti pubblici istituiti esclusivamente per lo svolgimento di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie. E ancora le Università e gli enti di ricerca, le aziende pubbliche di servizi alla persona (ex Ipab). Sul versante privato è esclusa dall'Ici un'ampia gamma di enti come associazioni, fondazioni e comitati dediti ad attività socialmente utili. Organizzazioni di volontariato, non governative, associazioni di promozione sociale, sportive dilettantistiche e le fondazioni risultanti dalla trasformazione di enti autonomi lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate. Per quanto attiene le regole per l'esenzione sulla abitazione principale o prima casa, vi rientrano anche i soci assegnatari di case degli ex Iacp.

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