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Visco: troppe tasse Effetti recessivi

Il neogovernatore della Banca d'Italia Ignazio Visco

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Più tasse e meno crescita. È questo il risultato della manovra-Monti che per centrare il pareggio di bilancio nel 2013 ha puntato soprattutto sulla leva fiscale sacrificando lo sviluppo economico. La pressione delle imposte salirà al 45%, un livello record mentre il Pil, ovvero la ricchezza del Paese, diminuirà di mezzo punto in due anni. Non poca cosa se si valuta che, la crisi ha già bruciato 200 miliardi di Pil. A misurare l'impatto della cura da lacrime e sangue varata dal governo Monti, sono il Governatore della banca d'Italia Ignazio Visco e il presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino. Nell'audizione in Commissione Bilancio della Camera hanno messo in guardia dal rischio che l'economia entri in una «spirale negativa» anche se riconoscono che «l'intervento era necessario». Le misure di bilancio, ha spiegato Visco, hanno «effetti restrittivi sul Pil stimabili in mezzo punto percentuale nel prossimo biennio». Ma questo effetto potrà esser compensato se si conferma il calo dei rendimenti dei titoli di Stato. Inoltre «i nuovi interventi si concentrano per circa due terzi sulle entrate portando la pressione fiscale intorno al 45%». Per alleggerire la manovra, è «prioritaria una risoluta azione di contrasto all'evasione fiscale». Anche perchè «dall'emersione di base imponibile» e dalla «razionalizzazione della spese potrà determinarsi la riduzione della pressione fiscale necessaria per dare maggiore stimolo a imprese e occupazione». In ogni caso, siccome era necessario sistemare i conti, ora occorre però spingere su crescita e lavoro. La riduzione del cuneo fiscale è «una questione fondamentale, vale esattamente mezzo punto del costo lavoro». Ma Visco non nasconde una certa delusione. «Speravamo fosse possibile fare di più perchè la competività del Paese dipende molto da questo». Sulle singole misure Visco auspica che, grazie ad un taglio della spesa si possa scongiurare l'aumento dell'Iva, misura che avrebbe «effetti distributivi più regressivi». Bene invece «l'estensione del metodo contributivo a tutti i lavoratori che riduce la disparità di trattamento e rende più stretta la relazione tra contributi versati e benefici pensionistici, riducendo le distorsioni all'offerta di lavoro». E sempre parlando di imposte, Visco rileva come il cuneo fiscale «supera in Italia la media degli altri Paesi dell'area euro del 5,5%». Visco considera «auspicabile» una riduzione per l'uso del contante e rinvia al mittente l'ipotesi di utilizzare le riserve auree per fronteggiare la crisi: «si dice che l'oro sia una reliquia bancaria di cui ci si può e ci si deve liberare ma è una difesa estrema in casi drammatici». Il Governatore ha voluto far chiarezza sulla genesi della crisi. «L'Italia non ha responsabilità diretta ma indiretta sulla crisi, ha tenuto il debito pubblico a livello di guardia, è stata considerata anche un capro espiatorio ma con questa manovra lo è di meno». Il Governatore risponde anche a quanti hanno puntato il dito contro il trattamento previdenziale dei dipendenti della Banca d'Italia, considerato privilegiato. «Bankitalia non è una casta e sulle pensioni rispetta tutte le regole Inps. L'unica differenza è che chi ci lavora è pagato un po' meglio». Nessun privilegio quindi, tiene a sottolineare Visco. «Si entra - dice - per concorso e senza raccomandazioni. Non vedo aree di privilegio. In questi anni sono state tagliate 1.500 persone e quindi l'unico problema è il personale un po' anziano». A chi gli chiede come mai l'Istituto di Via Nazionale non sia intervenuto per limitare i bonus ai manager bancari risponde che «ora c'è il potere e lo eserciteremo» e aggiunge che «il rapporto tra vigilanza e banche non è consociativo, ma è un rapporto dialettico». Il Governatore esprime cautela sull'introduzione della patrimoniale. «Andrebbe disegnata molto bene perché c'è il rischio di una fuga di capitali all'estero come è avvenuto in Francia anni fa». L'analisi della Banca d'Italia è condivisa dalla Corte dei Conti. La manovra, avverte Giampaolino, avrà «un forte impatto sociale, anche se richiesta dagli impegni con l'Unione Europea». La Corte dei Conti critica comunque la seconda parte della manovra pensionistica (quella sulla perequazione) perchè è «esclusivamente orientata a soddisfare esigenze di cassa». C'è inoltre il problema della pressione fiscale: la riduzione del disavanzo programmata fino al 2014 (circa 75 miliardi) «sarebbe conseguita solo per l'aumento imponente delle entrate (circa 120 miliardi) e nonostante un ulteriore aumento del livello della spesa pubblica (più 45 miliardi). Si tratta con tutta evidenza di un trend già ai limiti della sostenibilità». Infine Giampaolino esprime «non poche perplessità» sul fatto che si riesca a «conseguire il gettito atteso» dalla nuova tassa (l'1,5%) imposta ai capitali scudati. La regolarizzazione è avvenuta infatti attraverso società di comodo che dopo la dismissione delle attività «hanno avuto tutto il tempo di scomparire senza lasciare traccia». Altro allarme è sull'inflazione che a causa degli interventi sull'imposizione indiretta, «potrebbe risultare superiore al 3%». Quindi «lontano dall'obiettivo di stabilità dei prezzi assunto in sede europea».

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