Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Monti alle Camere: "L'Italia non fallirà"

Il premier Mario Monti

Manovra, i mercati ci promuovono

  • a
  • a
  • a

Il baratro della povertà. La stagnazione. Lo spettro di finire come la Grecia, il default. Ma anche la certezza che l'Italia ora può farcela perché è un Paese ancora pieno di risorse. Le parole che Mario Monti per un'intera giornata distribuisce ai giornalisti della stampa estera, a deputati e senatori, oscillano continuamente in un'altalena tra paradiso e inferno, tra l'orgoglio di essere riuscito in pochi giorni (17 in tutto, sottolinea più volte nei suoi discorsi a Montecitorio e a palazzo Madama) a rimettere in linea di galleggiamento una barca affondata e i ringraziamenti al lavoro che comunque ha fatto chi lo ha preceduto: «La nostra credibilità non deriva dalla persona che sta qui». È un lunedì di spiegazioni e di relazioni quello che Mario Monti affronta fin dalla mattina nel suo primo appuntamento con la stampa estera. Alla quale ripete che la sua manovra «lacrime e sangue» era necessaria ma l'Italia ora potrà fare la sua parte in Europa. E a chi gli chiede quanto tempo ci vorrà per trascinare il Paese fuori dalla crisi il premier risponde ribadendo che il suo compito comunque finirà nel 2013: «Non posso – spiega – e se anche fossi in grado di farlo, non vorrei che questo impegno andasse oltre il termine delle prossime elezioni». In ogni caso, aggiunge, «non mi sono posto il problema di individuare gli indicatori con i quali poter realizzare che l'Italia è salva. Questo sarà anche un vostro compito, perché per decidere quando l'Italia è salva conta molto la nostra credibilità a livello internazionale». Ma è l'appuntamento nel pomeriggio con i parlamentari che diventa il primo vero banco di prova per il Presidente del Consiglio. E lo sottolinea: «L'unico interlocutore ora è il Parlamento». Perché sa che qualcosa il governo dovrà concedere. A patto però che la manovra non sia stravolta. Alle quattro il premier si presenta alla Camera ma l'aula è semivuota. Si riempie lentamente ma mentre i banchi del centrosinistra e del Terzo Polo alla fine sono quasi tutti occupati nel Pdl ci sono tantissimi assenti. Mancano quasi tutti gli ex An, però ci sono un gruppetto di ministri – Romani, Gelmini, Bernini, La Russa, Brunetta – c'è il segretario del Pdl Angelino Alfano e c'è Silvio Berlusconi. Al quale Monti a metà discorso si rivolge ancora chiamandolo «Presidente del Consiglio». A qualche minuto dall'inizio del discorso arriva anche Umberto Bossi che per un attimo sembra sbagliare posto andando verso i banchi del governo e poi si avvia verso i seggi della Lega. L'inizio di Monti è da brividi, le parole arrivano come macigni: «baratro», «isolamento» «siamo a tre mesi da quello che è successo in Grecia», «non esiste alternativa». I «sacrifici» saranno «dolorosi», «acuti» e riguarderanno «tutti i gruppi sociali». Ma non farli oggi, è il ragionamento, significherebbe doverne fare «di ben più gravi tra qualche giorno». Perché «siamo un Paese ricco ma che cresce troppo poco». Il primo raggio di speranza arriva dopo cinque minuti buoni e sembra quasi una battuta sullo spread che ieri è sceso sotto quota 400: «È quell'indicatore che ci piace più quando scende che quando sale». Il premier elenca le misure contenute nel decreto «Salva Italia» – che più tardi in Senato battezzerà «Salva Europa» – dal ritorno dell'Ici per la prima casa all'una tantum sui capitali scudati, dalla riforma delle pensioni all'aumento dell'addizionale Irpef regionale e al taglio dei consigli provinciali, fino ai 5,2 miliardi che oggi il Cipe sbloccherà per realizzare «alcune grandi opere ferroviarie, il Mose e diversi intervisti previsti nel Mezzogiorno nella statale Ionica e per la metropolitana di Napoli». Monti parla in un sottofondo di proteste che arrivano dai banchi della Lega e Gianfranco Fini è costretto, dopo un paio di scampanellate, a riprendere Manuela Dal Lago. Il premier comunque tira dritto, alza appena un po' il tono della voce e a fine discorso si regala anche qualche complimento: «Abbiamo fatto una manovra in 17 giorni. Mi sono documentato, i governi passati hanno avuto bisogno almeno di cinque settimane». Poi si rivolge ai partiti: «Nessun gruppo o forza politica sarà soddisfatta per il pacchetto di misure. Ma non potete esserlo perché altrimenti deluderemmo le vostre attese: è infatti nella natura costitutiva del mandato che abbiamo ricevuto portare avanti queste misure di sacrifici per l'interesse comune». Alle sei Monti è al Senato dove rilancia la sua idea che questa manovra serve anche a far contare di più l'Italia in Europa: «La contropartita dell'impegno che richiedo è l'impegno nostro e mio perché la voce dell'Italia abbia tutto il peso che merita nel quadro europeo». Ma a palazzo Madama Mario Monti lancia un altro appello, quest'anno a Natale compriamo prodotti del nostro Paese: «Pensiamo che quando si acquista un bene prodotto in Italia non solo si sceglie la qualità delle conoscenze e delle esperienze che in esso sono racchiuse, ma si contribuisce a tenere in vita aziende e a sostenere posti di lavoro sul nostro territorio». In serata, quando esce dal Senato, qualche giornalista gli chiede se è stanco dopo questo lungo tour de force. Monti sorride: «No».

Dai blog