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Sono riusciti a parlare tutti prima dell'inizio del vertice che si annuncia come quello definitivo per salvare l'euro.

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Ieria far tremare i polsi a mercati e a chi dovrebbe decidere e trovare soluzioni ci si è messa l'Eba, l'Autorità bancaria europea che, nel mezzo della crisi del debito del Vecchio Continente, ha reso pubbliche le nuove stime sul capitale richiesto agli istituti di credito per non abbassare la saracinesca. Numeri che sono il risultato di nuovi stress test, esami per capire la resistenza delle banche a improvvisi choc nel sistema creditizio. Il fatto è che le stime erano state fatte solo qualche mese fa. Ed è chiaro che il peggioramento della situazione ha aggravato ulteriormente i bilanci delle banche. In questo momento un sano silenzio sarebbe la medicina migliore per evitare profezie autoavveranti. Non è stato così. E il saldo da pagare è, infatti, salito a 114,7 miliardi di euro, ovvero otto miliardi in più rispetto alle stime dello scorso ottobre. Non solo più denaro da prendere sul mercato ma anche poco tempo a disposizione per dire come: i gruppi bancari sono tenuti a consegnare i rispettivi piani sul patrimonio all'Authority entro il 20 gennaio. La parte grossa della revisione delle stime riguarda comunque il sistema creditizio tedesco che, secondo l'Eba, dovrà ricapitalizzarsi per oltre 13 miliardi di euro, anziché 5,1, come stimato alla fine di ottobre. Richieste in aumento, seppur in misura decisamente minore rispetto alla prima economia d'Europa, colpiscono anche l'Italia. Il rafforzamento di capitale ammonta adesso a 15,4 miliardi, ovvero 700 milioni in più rispetto a prima. Cifra che è in gran parte riconducibile a due banche: Unicredit e il Monte dei Paschi di Siena. Nonostante tutto, la Banca d'Italia, commentando i dati, ha subito rassicurato «sull'effettiva capacità del sistema bancario di resistere a shock particolarmente sfavorevoli» e ricorda che «alcune misure per il rafforzamento dei coefficienti patrimoniali sono già a uno stadio avanzato», come nel caso di UniCredit, che ha recentemente varato un'operazione da 7,5 miliardi di euro. Nel caso dovessero sorgere problemi, Palazzo Koch, concorda comunque con l'Eba sulla possibilità di cedere «specifiche attivita» con lo scopo di conseguire l'obiettivo patrimoniale (Core Tier 1 oltre il 9%) entro il termine di metà 2012. Scendendo nel dettaglio, tolta Intesa Sanpaolo che già possiede coefficienti adeguati per presentarsi a giugno con un Core Tier 1 ben sopra la soglia minima richiesta del 9%, le banche che hanno registrato una richiesta di capitale maggiore sono UniCredit e Mps, rispettivamente a 7,9 miliardi (era a 7,37) e a 3,26 (era a 3 mld). L'istituto guidato da Federico Ghizzoni ha fatto sapere che tra ristrutturazione «cashes» e aumento di capitale da 7,5 miliardi arriverà a metà anno con un Core Tier 1 al 9,4 per cento. D'altro canto il Monte Paschi, così come il Banco Popolare, ha replicato all'Eba affermando che la richiesta non appare appropriata per banche che svolgono quasi esclusivamente attività di credito a servizio delle famiglie e delle imprese, i cui rischi finanziari sono legati sostanzialmente all'esposizione verso titoli governativi italiani. L'istituto presieduto da Giuseppe Mussari precisa comunque che farà ogni miglior sforzo per raggiungere gli obiettivi attraverso un mix di azioni. Infine, il Banco Popolare con 2,7 miliardi di aumento anzichè 2,81 e Ubi Banca con 1,39 miliardi al posto di 1,48. Il grosso dei problemi arriva dalla Germania dove banche del calibro di Deutsche Bank e WestLB dovranno varare manovre da qualche miliardo di euro ciascuna. Sostanzialmente stabile è stata la situazione negli altri Paesi del Vecchio Continente: tolto il maxi-salvataggio da 30 miliardi targato Ue e Fmi per la Grecia, in Spagna le stime restano ferme sui 26,1 miliardi, mentre in Francia scendono a 7,3 miliardi (da 8,8) e in Portogallo a 6,9 (da 7,8). In questo quadro non certo edificante, Fitch ha promosso il pacchetto di misure messo a punto dal governo Monti per rimettere in sesto i conti pubblici dell'Italia. «La manovra varata dal governo italiano allenta la tensione sul rating del Paese nel breve termine, rafforzando la propria credibilità nel tentativo di arrivare al pareggio di bilancio nel 2013», ha spiega l'agenzia di rating, confermando il giudizio sull'Italia ad A+ con outlook negativo. Per l'agenzia le prospettive negative sul debito dell'Italia riflettono il fatto che Roma «deve portare a termine sostanziali riforme strutturali per rilanciare la crescita, e deve dimostrare di avere ancora accesso ai mercati obbligazionari l'anno prossimo, quando dovrà affrontare una lunga serie di scadenze debitorie», precisando tuttavia che l'outlook negativo è anche dovuto alla «persistente crisi dei debiti sovrani» in Europa. Nell'insieme, conclude l'agenzia, «il messaggio generale che la manovra fornisce, ossia di un governo che sta tentando di varare un piano credibile di consolidamento fiscale più incisivo di quello già delineato in estate, è incoraggiante». Nel 2012 l'Italia dovrà rimborsare oltre 300 miliardi di titoli di Stato, i test più duri saranno le scadenze «monstre» di febbraio e marzo che sfiorano i 100 miliardi di euro, rispettivamente 53 e 45 miliardi. Fitch è la prima agenzia di rating a esprimere un parere sulla manovra del nuovo governo a guida Monti, si attendono ora i giudizi della altre due sorelle, ossia Standard & Poor's e Moody's. Quest'ultima, alcuni giorni prima della presentazione della manovra, aveva avvertito che l'incertezza politica in Paesi come l'Italia e l'assenza di misure per stabilizzare i mercati stavano facendo lievitare il «rischio di più default» nell'Eurozona. Fitch ha abbassato il rating sull'Italia da «AA-» ad «A+» con outlook negativo il 7 ottobre scorso. Fil. Cal.

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