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Il Pd si consola con gli "scudati"

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Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

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Sicuramente è eccessivo sostenere che sia rinata l'Unione. Ma nel giorno in cui Mario Monti approva il suo decreto «salva Italia», fa un certo effetto sentire l'ex maggioranza prodiana, da Pier Luigi Bersani e Nichi Vendola, passando per Antonio Di Pietro e Paolo Ferrero, chiedere correzioni ad una manovra che per ora non è «equa». Dopotutto l'assenza di un'imposta patrimoniale, unita agli interventi sull'età pensionabile, segnano una sconfitta per il centrosinistra. Così, con toni diversi, ognuno cerca di salvare il salvabile. Molto democristiana la risposta che il segretario del Pd, ospite di Che tempo che fa, dà a Fabio Fazio: «È una manovra molto dura che non risponde del tutto ai nostri criteri di equità. Lavoreremo affinché l'equità sia ancora più forte perché se qualche passo è stato fatto, non risponde del tutto alle nostre aspettative». Insomma, la partita è tutt'altro che chiusa anche se Bersani raccoglie favorevolmente (e rivendica come suggerimento dei Democratici) la decisione di tassare i cosiddetti «capitali scudati»: «Allargando questo bacino di solidarietà potremmo risolvere qualche altro problema». Allo stesso tempo definisce «novità apprezzabile», al netto delle lacrime del ministro Elsa Fornero, la scelta di ridurre la soglia per l'indicizzazione delle pensioni. Anche se sull'intero capitolo sopravvivono perplessità: «L'impianto della riforma che viene fuori è sostanzialmente quello annunciato. Un impianto che nei principi generali mi sento di condividere, meno sulla rapidità, sui tempi dell'approccio». La speranza del leader del Pd, quindi, è che qualcosa cambi veramente in Parlamento. E non solo per poter rassicurare il proprio elettorato, quanto per non venir fagocitato dagli alleati che hanno già cominciato ad alzare la voce. Per il governatore pugliese Vendola, ad esempio, «si fa fatica a vedere anche un solo segnale di equità. Tutto grava sulle spalle dei ceti mediobassi». Sulla stessa lunghezza d'onda il segretario di Rifondazione (riconfermato ieri nel corso dell'ottavo congresso del partito) Ferrero: «La manovra è una stangata pazzesca». Mentre Tonino avverte: «Noi aspettiamo che la manovra sia presentata ufficialmente e poi discussa in Parlamento. In quella sede faremo le nostre proposte e le nostre valutazioni, perché una manovra di questo livello non può essere "prendere o lasciare". Deve essere discussa, emendata e nel caso pure cambiata». Tutto si giocherà quindi nelle Aule di Camera e Senato. E non sarà semplice per i partiti destreggiarsi tra le pressioni esterne e la necessità di confermare il sostegno già espresso per l'esecutivo guidato da Monti. Come si comporterà ad esempio il Pd davanti alla posizione intransigente espressa da Susanna Camusso (ma anche dagli altri sindacati)? Stasera Bersani riunirà il coordinamento del partito. Dovrà trovare un modo per uscire dall'angolo. E l'impressione è che non basteranno le parole del coordinatore delle commissioni Economiche del gruppo democratico di Montecitorio Francesco Boccia che parla di «logica emergenziale» e prova a scaricare la responsabilità sulla «situazione europea». Né quelle consolatorie del capogruppo Pd alla Camera Dario Franceschini che su Twitter commenta: «Col nostro impegno migliorata la manovra su evasione e equità».

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