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Misure dure e controverse Ma siamo all'ultima spiaggia

Il presidente del Consiglio Mario Monti

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Pensiamo che ora tutti gli italiani sappiano che cos'è lo spread: lo sentono come una ferita sulla pelle, lo avvertono nelle proprie tasche più vuote. Lo spread, questo indicatore sintetico assieme al quale ci eravamo abituati a bere il caffè del mattino senza però capirlo davvero, in una piovosa domenica d'autunno si è seduto accanto a noi in casa nostra, mentre assistevamo alla conferenza stampa del governo Monti. Abbiamo quindi compreso che lo spread non è solo la distanza tra i nostri titoli pubblici e quelli tedeschi, ma anche il divario che si è spalancato tra noi e il resto d'Europa, e soprattutto tra ciò che possiamo ancora permetterci e ciò a cui siamo obbligati a rinunciare. A meno di non fallire. Quelle di Mario Monti e dei suoi tecnici sono misure dure, controverse e talora inique. Ma il fatto che qualcosa sia criticabile o migliorabile non toglie che esse siano necessarie. Anzi: si tratta dell'ultima spiaggia. È duro per chi aveva fatto progetti per la pensione dover ripensare il futuro a 60 anni. Duro, ma ragionandoci a mente fredda accettabile. Non si perde il lavoro, non si rimettono soldi; di questi tempi non è poco. È controverso aver concentrato sulla casa la maggior parte del prelievo. Reintrodurre l'Ici era inevitabile, rivalutare del 60 per cento la sua base imponibile porta in moltissimi casi i valori catastali alla pari dei prezzi di mercato, con tutto ciò che ne consegue. Sta adesso alla saggezza del governo, alla lungimiranza delle forze politiche (non dimentichino mai che tra un anno e mezzo saranno nuovamente chiamate alla loro responsabilità), ed alla tenuta delle famiglie rendersi conto che con la casa non si scherza: la proprietà immobiliare, assieme ai risparmi onestamente conseguiti, è il vero paracadute sociale e patto generazionale del Paese. Di sicuro molto più di tante chiacchiere di politici e sindacalisti. Ergo, medicata la stangata, la casa ed i risparmi vanno adesso difesi: se si instillasse il tarlo del disinvestimento, se si consentisse uno slittamento progressivo del mercato immobiliare ed un depauperamento dei depositi, ciò che ci giocheremmo sarebbe il futuro, ben al di là dello spread. Infine è iniquo aver fatto cassa sulla rivalutazione Istat delle pensioni superiori a mille euro. Quella soglia andava raddoppiata, cercando la copertura in un sommerso che va ben oltre yacht ed elicotteri, o i mille euro di contante. Un esempio? Negoziando con la Svizzera un accordo come quello di Germania e Inghilterra (tassa del 26,3 annuo per cento sui capitali in cambio del segreto bancario), e che secondo le stime fatte a suo tempo da Giulio Tremonti potrebbe fruttare almeno nove miliardi strutturali. Certo, così non si fanno tornare i quattrini dall'estero, e che negli ultimi tempi hanno ripreso a fuggire. Ma intanto si conoscono gli evasori; e se non potranno mai essere del tutto sconfitti, che almeno li si tosi a dovere. Detto questo, la vera sfida di Monti inizia adesso. Ieri i mercati hanno accolto con le campane la manovra italiana, e lo spread è finalmente tornato sotto i 400 punti: ma ciò a cui per ora si guarda non è tanto la qualità delle misure, quanto il saldo ed il fatto che l'Italia sia finalmente tornata ad esistere. I motivi sono presto detti. Germania e Francia – lo ha confermato l'ennesimo vertice Merkel-Sarkozy – cercano un altro alleato per la modifica in corsa dei trattati che dovrà finalmente consentire alla Bce di avere più mano libera sui mercati. Anzi, l'Eurotower di Mario Draghi avrebbe pronto un intervento fino a mille miliardi. Mentre il resto del mondo, dalla Casa Bianca alla Cina, fa gli scongiuri perché il nostro paese non si trasformi in una super-Grecia che produrrebbe una seconda recessione mondiale. È significativo che Joe Biden, il vice di Obama, abbia garantito ad Atene l'aiuto finanziario degli Stati Uniti: Biden non ha il feudo nel Peloponneso, è un cattolico eletto nel Dealaware. È però il plenipotenziario del presidente per l'industria, così come Tim Geithner lo è per la finanza: e se l'export americano, che ha appena ripreso a rifiatare, non può permettersi il default greco, figuriamoci quello italiano. Stessa cosa per Wall Street. Inoltre vi suggeriamo di tenere d'occhio una misura minore del pacchetto Monti: l'estensione alle obbligazioni bancarie della garanzia dello Stato. I maligni l'hanno letta come una norma a tutela degli azionisti; noi pensiamo invece che si tratti di offrire alle banche un'alternativa alla ricapitalizzazione, e quindi un modo di evitare una crisi di liquidità, visto che i tassi interni hanno raggiunto picchi del 13 per cento. Ancora, a proposito di credit crunch, gira l'indiscrezione di una imminente immissione di liquidità dagli Usa in tandem con la Bce, non appena Draghi avrà un po' di libertà da Frau Merkel. Ad illustrarne i contorni dovrebbe essere proprio Tim Geithner, che nelle prossime ore, alla vigilia del vertice di Bruxelles del 9 dicembre, sarà in Europa per incontrare Sarkozy, Monti, il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble e lo stesso Draghi. Se questo allineamento di astri si realizza, nella finestra che si aprirà a gennaio Monti dovrà agire, con la stessa determinazione usata per case e pensioni, su due altri terreni. Il primo è lo sblocco delle infrastrutture: da mesi ascoltiamo elenchi di opere pronte al via; ora, con Corrado Passera, uno maggiori esperti di project financing di cui l'Italia disponga, non ci sono più alibi. Il secondo terreno è la riforma del lavoro. Lo ha detto subito il commissario europeo Olli Rehn. La maggiore flessibilità in uscita in cambio della trasformazione dei contratti precari in rapporti di lavoro veri, con facoltà di licenziamento per cause economiche, era contenuta nella lettera della Bce, parzialmente recepita nella manovra di agosto, ribadita nelle 39 domande della Ue. La strada è insomma più che tracciata. Si tratta di un dovere verso i giovani ai quali non bastano le declamazioni retoriche; e dell'unica cosa, assieme alle infrastrutture, in grado di evitare la recessione. E con essa un'altra manovra. Nella sua durezza l'operazione Monti ha dimostrato una cosa: si devono consultare gli eletti del popolo ma si può fare a meno delle estenuanti concertazioni con i sindacati. Non si tratta di negare il valore delle rappresentanze dei lavoratori, ma di subordinare anch'esse all'interesse generale. Forse qualcuno non l'ha ancora capito, ma siamo nella stessa situazione dell'Inghilterra negli anni Cinquanta: gli inglesi avevano resistito a Hitler e vinto la guerra, eppure accettarono di tirare la cinghia, di riunirsi nel tinello per risparmiare sul riscaldamento, rinunciarono all'impero e mandarono a casa un certo Winston Churchill. La storia gira e non lascia mai nulla come prima; proprio per questo è utile studiarne i processi. Serve a guardare avanti e capire ciò che saremo.

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