Il mondo s'inchina davanti a "Re Giorgio"
Il mondo, almeno quello della carta stampata, si inchina a «Re» Giorgio Napolitano. Venerdì la rivista Wired Italia lo ha eletto «uomo dell'anno» per la sua straordinaria capacità di «rimanere collegato alla realtà», in una parola, appunto «Wired». Ieri, invece è stato il New York Times a sceglierlo per il suo ritratto dell'edizione del sabato. Spiegando che il nostro Capo dello Stato «ha coronato il mese scorso la sua brillante carriera orchestrando uno dei passaggi politici più complessi della storia italiana del dopoguerra». Un riconoscimento che pesa ancora di più perché viene da un Paese che ha sempre avuto una fortissima, innata, diffidenza verso tutto ciò che poteva avere legami con il comunismo. La rapidità e l'«arte» politica con la quale il Presidente della Repubblica ha portato alla nascita del governo Monti ha in effetti stupito i leader stranieri. L'Europa chiedeva all'Italia un cambiamento soprattutto di immagine per dare più credibilità alle manovre economiche necessarie per uscire dalla crisi. Napolitano lo ha fatto senza creare scossoni drammatici, pilotando con discrezione ma con mano ferma la transizione verso un governo tecnico. È riuscito a far capire a Silvio Berlusconi – agendo con una moral suasion sugli uomini a lui più vicini come Gianni Letta – che la strada delle elezioni anticipate avrebbe avuto effetti devastanti e che un altro esecutivo sarebbe stato l'unica soluzione possibile per non mandare all'inferno – economico – il nostro Paese. Un miracolo riuscito anche se il nostro Presidente della Repubblica è «ingabbiato» da una Costituzione che gli assegna pochissimi poteri per poter incidere sulla vita politica. E pur avendo alle spalle un passato che lo disegnava principalmente come un presidente figlio del partito comunista italiano. Il New York Times sottolinea come «la sua operazione risulti ancora più impressionante se si considera che la presidenza italiana è una carica altamente simbolica, priva di potere esecutivo». «Ma Napolitano – prosegue l'articolo – che è noto per il suo parlar franco e la sua concretezza in una cultura fortemente barocca, ha spinto quella carica fino al suo limite diventando un power broker (un mediatore di alto livello, ndr)». Ricostruendo quindi le fasi che hanno portato alle dimissioni di Silvio Berlusconi e alla nomina di Mario Monti a guida del governo il Nyt racconta che è stata un'operazione possibile grazie al forte sostegno popolare di cui gode il capo dello Stato. Ma che soprattutto ha ottenuto il pieno sostegno dei leader europei e del Presidente americano Barack Obama». «C'è stato un tempo – scrive – in cui era impensabile che un presidente americano ringraziasse Napolitano, che era essenzialmente il ministro degli Esteri del Pci, o che soltanto lo chiamasse». Il quotidiano della Grande Mela ripercorre quindi la carriera del Presidente, ricordando gli incontri segreti avuti con l'Ambasciatore Usa in Italia durante l'amministrazione di Jimmy Carter, e rammentando come Henry Kissinger parlasse di lui come del suo «comunista preferito». Quindi conclude: «Oggi, gli italiani guardano a Napolitano perché guidi la nave di uno Stato con perizia discreta mentre Monti e la sua squadra di tecnocratici affrontano la sfida proibitiva di modernizzante l'economia scricchiolante dell'Italia». La rivista Wired Italia, invece, che lo ha eletto «uomo dell'anno» ha posto l'accento sulla capacità del capo dello Stato di «leggere» la situazione politica. «Il presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano – ha scritto nel numero in edicola venerdì – ha dimostrato negli ultimi dodici mesi una sorprendente velocità nel rimanere collegato alla realtà, in una parola, "wired"». «Tanti – spiegava una nota – sono gli elementi che hanno contribuito a far ricadere la scelta sulla massima carica dello Stato, tra cui spiccano soprattutto il suo avere a cuore la sorte delle giovani generazioni e il suo esser capace di tenere le fila tra la complessa realtà italiana e un mondo sempre meno disposto a comprenderla». In occasione dei festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia, Napolitano, prosegue ancora la rivista, «ha rappresentato il crocevia attraverso il quale passa nel nostro Paese il legame tra passato e futuro. «Avremmo potuto premiare il ritorno della Società, della spinta verso la Res Publica emersa d'improvviso con i referendum di maggio sull'acqua e il nucleare – ha concluso il direttore di Wired Carlo Antonelli – ma era troppo vago. Ci voleva un simbolo. E come sempre succede, questo simbolo era da almeno un anno sotto i nostri occhi: il Presidente della Repubblica. Un ottantaseienne capace come nessun altro di tenere le fila, di tenere collegati Italia e Mondo, dura realtà e speranza possibile, sacrificio e risorgimento». Tutte doti che, a 86 anni, lo hanno proiettato tra gli uomini più prestigiosi del momento.