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La Patrimoniale divide la Carta

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Patrimoniale sì, patrimoniale no: che cosa dice sull'argomento la bussola politica e civile che per ogni bravo cittadino del nostro ameno paese è, o dovrebbe essere, la nostra Costituzione? Dice sia «no» sia «sì». E questa sua proprietà conferma il suo carattere di carta squisitamente ambigua, capacissima sia di esaltare e difendere certi diritti sia di soffiarcisi il naso. Il suo «no», sull'argomento, la nostra Costituzione lo esprime, in modo abbastanza chiaro, non una sola ma ben quattro volte.   Il primo di questi «no» è ovviamente l'articolo 3, che stabilendo che «tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali», oggettivamente rifiuta l'idea di infliggere ai ricchi e ai poveri due diversi trattamenti fiscali. Il secondo «no» è l'articolo 42, che riconoscendo la proprietà privata «garantita dalla legge», dovrebbe sottrarla agli effetti di una discriminazione come quella che deriverebbe dall'imposizione di una tassa destinata solo ai patrimoni superiori a una certa soglia stabilita dal legislatore. Il terzo «no» è l'articolo 47, che asserendo che «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme», appare incompatibile con l'imposizione di balzelli che scoraggiano quel che invece si dichiara di voler incentivare. Il quarto «no» è infine il secondo comma dell'articolo 53, che asserendo che «il sistema tributario è informato a criteri di progressività», fa espresso divieto di imporre una tassa speciale a quei cittadini la cui ricchezza superi un certo livello, giacché in questo modo si avrebbe la somma ingiustizia di far pagare una forte somma a chi supera quel livello e assolutamente niente a chi invece possegga anche soltanto un euro in meno. Il solo grande «sì» è invece il primo comma dello stesso articolo 53. Esso suona così: «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Due righe che dicono esattamente il contrario di quanto sancito in quelle precedenti. Nella nostra Carta, dunque, anche sul tema «patrimoniale», come su tutto il resto, c'è tutto e il contrario di tutto: liberismo e socialismo, democrazia e statalismo, individualismo e collettivismo. Partendo da questa evidenza, il mio amico Gianni Pardo, l'arguto temutario del blog «Il Cannocchiale», uno dei nostri opinionisti più lucidi, in una sua nota recente, ha abbozzato la seguente ipotesi: «Immaginiamo che il Parlamento voti l'imposizione di una patrimoniale del 10% per i cittadini la cui ricchezza, comunque misurata, superi il milione di euro. Una Corte orientata in senso liberista-conservatore potrebbe annullare la legge perché in netto contrasto con l'articolo 3 della Costituzione (uguaglianza di tutti i cittadini); in contrasto con l'articolo 53, che prevede la progressività delle imposte: mentre qui si fanno pagare 100.000 € a chi ha un milione e niente a chi a ha 900.000 €; infine in contrasto con l'articolo 42, che protegge la proprietà privata, e con l'articolo 47, che «incoraggia e tutela» il risparmio. «Ce n'è ad abundantiam – conclude Pardo – per cassare la norma. E tuttavia una Corte orientata in senso socialista, progressista, o comunque si voglia designare la mentalità di sinistra, potrebbe, andando contro lo spirito della stessa legge fondamentale, reputarla conforme alla Costituzione. Questa prevede (articolo 53) che tutti i cittadini devono concorrere alle spese dello Stato «in ragione della loro capacità contributiva»: e uno che ha un milione di euro può certo dare di più di uno che ha novecentomila euro o non ha niente da parte». Bella o brutta che sia, la nostra carta, molto cara a post-comunisti e cattolici di sinistra, è comunque assai poco cristiana. Essa è infatti inconciliabile col motto evangelico che insegna: «Sia il tuo parlare sì sì, no no: tutto il resto viene dal demonio».  

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