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Lega all'attacco: a Vicenza riapre il Parlamento padano

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Il leader della Lega Nord Umberto Bossi

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«Secessione, secessione». Oggi a Vicenza la Lega rilancerà il suo «urlo di battaglia». Il coro intonato dalla base a Pontida lo scorso giugno sorprese anche Umberto Bossi: la Lega era al governo, ed il Senatùr imbarazzato replicò con un timido «Padania libera». Ma a settembre qualcosa è cambiato: fiutata l'aria, il "capo" ha giocato d'anticipo. Sul Monviso, alle sorgenti del Po, ha rilanciato il partito «di lotta»; due giorni dopo a Venezia ha rotto gli indugi: «L'Italia sta affondando - ha detto - La secessione è l'unica soluzione». E oggi, su La Padania, il Senatùr scrive: «L'indipendenza è l'unica via, ma sia consensuale e condivisa». Così, in pochi mesi il movimento leghista ha cambiato pelle adattandosi con una velocità camaleontica (operazione rischiosa in politica) all'arrivo dell'esecutivo Monti: barra ferma all'opposizione e «mani libere per l'indipendenza». Così oggi, a Vicenza, riapre il «parlamento padano»: l'ultima tappa di un percorso iniziato questa estate e, nelle intenzioni dei leghisti, la base sulla quale rifondare il partito dopo la rottura dell'Asse del Nord con Silvio Berlusconi. Sbaglia, infatti, chi pensa che quella di Vicenza sia di una operazione estemporanea. L'apertura del «parlamento leghista» rientra in una strategia più ampia che Bossi finora ha confidato a pochi dei suoi quasi a voler ridisegnare anche una nuova mappa interna. A Venezia il leader del Carroccio ha colto tutti alla sprovvista, annunciando un «nuovo appuntamento leghista in primavera». Nessuno ha dato peso alla cosa sul momento ma nel movimento più di una persona sta rivalutando le parole del capo. Si attendono circa mille persone presso i padiglioni della cittadina veneta. Al «parlamento» prendono parte tutti i militanti «dai sindaci fino ai massimi dirigenti» nazionali ed europei. L'organizzazione è stata affidata a Roberto Calderoli. L'ex ministro ha dismesso i panni del «mediatore», come era stato soprannominato da qualche quotidiano nazionale, e ora attacca a testa bassa: «È finito il tempo di una Lega moderata», tuona. «Abbiamo dimostrato prudenza, saggezza ed equilibrio; ora riportiamo il potere costituente in mano al popolo». Gli strali del senatore colpiscono il governo Monti, reo con la manovra di «mungere come sempre il Nord». Ma il Pdl non è immune: all'ex alleato si rimprovera l'appoggio all'attuale esecutivo e si lancia un avvertimento: «Non possiamo allearci con chi sostiene una manovra contro il Nord», spiega. I rapporti con i palazzi romani sono tesissimi. Malgrado le rassicurazioni che vengono fatte trapelare, nella Lega c'è amarezza per il trattamento riservato al Carroccio da parte del governo Monti. Alla «mancanza di sensibilità istituzionale» rimproverata all'esecutivo per aver convocato la riunione con le Regioni stamattina, proprio quando si svolge la manifestazione lumbard, si è aggiunto il disappunto per il mancato incontro tra i due governatori leghisti di Piemonte e Veneto, Roberto Cota e Luca Zaia, con il premier a Palazzo Chigi. I due presidenti hanno avuto un colloquio con il ministro Giarda.

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