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"D'Andrea è stato scelto dai partiti"

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La squadra è fatta. Diciotto ministri, tre viceministri e venticinque sottosegretari. Eppure mentre nella Sala dei Galeoni di palazzo Chigi il governo tecnico di Mario Monti prendeva definitivamente forma, a due passi, nell'emiciclo di Montecitorio calava il gelo. Infatti, non appena il vice presidente della Camera, Maurizio Lupi, completava la lettura della lettera con cui il premier comunicava l'avvenuto completamento della sua squadra, si è verificato quello che nei corridoi dei palazzi della politica già si immaginava da giorni: completo silenzio e indifferenza. È bastato infatti che, al termine della comunicazione, Lupi facesse gli auguri di «buon lavoro» da parte della presidenza e di tutta l'aula al governo, perché dall'emiciclo partisse un solo e timido applauso di un deputato. «Un applauso isolato che rappresenta tutti, ovviamente. Grazie onorevole Consolo» è il tentativo di sdrammatizzare di Lupi che prontamente si era rivolto al deputato di Futuro e libertà, unico ad essersi "esposto" verso i "tecnici" del governo. Ed è appunto su quell'essere "tecnici" che la politica ha ampiamente dibattuto in questi ultimi giorni e che anche ieri, dopo l'ufficialità delle nomine, non ha smesso di criticare. Inutili quindi le parole di Monti pronunciate per rigettare le polemiche del Pdl che lo avevano accusato di aver nominato sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento Giampaolo D'Andrea, uomo già al governo con Prodi: «Questo è un governo tecnico, ma per i rapporti con il Parlamento ho offerto alle forze politiche di scegliere esse stesse due sottosegretari tra personalità con un'esperienza parlamentare nel passato o un'alta valenza tecnica. Una forza politica (a quanto sembra il Pd, ndr) ha optato per la prima, un'altra per la seconda». Giustificazioni che non sono piaciute al Pdl che con Maurizio Gasparri è tornato alla carica accusando il Pd di mettere a segno «in un momento di grave emergenza, una micro-lottizzazione» delle nomime. Ma le parole di Monti sembrano aver disturbato anche il dipietrista Felice Belisario che, dopo essersi detto convinto che questo sia «un governo di alto profilo e con ottime professionalità», si è detto preoccupato nel sapere che «almeno due sottosegretari sono diretta espressione dei due principali partiti». E avverte: «Il governo resti tecnico e faccia i provvedimenti che il Paese attende con rigore e equità sociale». Ancora più sottile e pungente è il commento di Francesco Storace, leader de La Destra che non ha perso l'occasione per prendersela con i neo nominati: «Tecnici, politici e trombati. Finalmente è giunta a conclusione la telenovela dei sottosegretari» e con questa «è finita anche la favola dei tecnici. Hanno infatti dovuto dare spazio all'appetito dei partiti che il popolo aveva confinato all'opposizione». Eppure, mentre anche la Lega punta il dito contro il governo con le parole di Marco Reguzzoni, capogruppo alla Camera del Carroccio, per il quale «la montagna ha partorito un topolino» fatto da «capi di gabinetto, funzionari, e altri burocrati», da Pd, Fli, e alcuni sindaci bipartisan arrivano attestazioni di stima. Il primo a farlo è il democratico Pier Luigi Bersani che definisce la squadra «bella, di vere competenze, sobria e semplice che rasserena l'aria». A ruota segue il finiano Enzo Raisi che dopo aver sottolineato «l'alto valore» dei sottosegretari si è detto, però, perplesso sulla mancata nomina di un responsabile per il Commercio estero. Ma anche dai sindaci di Napoli e di Roma arrivano gli applausi. Luigi De Magistris (Idv) ha corredato il tutto con una immediata richiesta di un serio impegno per risollevare il capoluogo partenopeo dal problema rifiuti, mentre Alemanno (Pdl) si è limitato a esplicitare la sua «impressione sostanzialmente positiva». Polemiche a parte, i nuovi sottosegretari hanno iniziato ieri a muovere i loro primi passi nei palazzi della politica. Il primo appuntamento è stato quello del giuramento a Palazzo Chigi davanti al premier e al sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Antonio Catricalà. E per l'occasione l'emozione e l'imbarazzo erano decisamente percettibili. A rompere il ghiaccio ci ha pensato proprio Giampaolo D'Andrea, uno dei pochi ad avere già un'esperienza di governo, come Gianluigi Magri (Difesa), che, come lui, è tra i più disinvolti. D'Andrea ha stretto la mano a Monti, poi ha firmato. Ma il premier mentre lui si allontanava ha colto l'occasione per dettare una correzione a chi lo avrebbe seguito: «Prima la firma, poi la stretta di mano. Così siamo sicuri». Nella squadra dei 28 si è fatto notare anche Saverio Ruperto, sottosegretario all'Interno, che dopo aver giurato fa il segno della croce. Mentre Salvatore Mazzamuto (Giustizia) è l'unico che ha «osato» scambiare due battute con Monti. Abito scuro per le tre donne, Marta Dassù, Elena Ugolini e Cecilia Guerra mentre i più fotografati, sono stati Michel Martone (classe '74) e Vittorio Grilli.

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