Ratzinger e la crisi: Dio non ci abbandona
"Nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te; perché tu avevi nascosto da noi il tuo volto, ci avevi messo in balìa della nostra iniquità". Comincia da queste parole del profeta Isaia il grido di dolore di Benedetto XVI per quello che è il mondo di oggi, fatto di città "anonime" dove "Dio sembra assente, e l'uomo l'unico padrone, come se fosse lui l'artefice e il regista di tutto". Ed è lì che si sperimenta il senso dell'abbandono da parte di Dio. Perché in questo mondo "che appare quasi perfetto", poi "accadono cose sconvolgenti, o nella natura, o nella società, per cui noi pensiamo che Dio si sia come ritirato, ci abbia, per così dire, abbandonati a noi stessi. In realtà, il vero 'padrone' del mondo non è l'uomo, ma Dio. Il Vangelo dice: 'Vegliate dunque: voi non sapete quando il padrone di casa ritornerà, se alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino; fate in modo che, giungendo all'improvviso, non vi trovi addormentati'". È l'inizio dell'Anno Liturgico, prima domenica di Avvento. Fino a Natale, i paramenti dei sacerdoti saranno viola. E Benedetto XVI porta avanti il suo impegno costante da Pontefice. Che è quello di riportare i fedeli, la Chiesa e il mondo a Dio. Un impegno evangelico, prima di tutto. Un impegno che cozza con la sofferenza del mondo. Una sofferenza che per Benedetto XVI viene direttamente dall'eclissi di Dio, messa in atto dall'uomo stesso. Lo aveva sostenuto quando ancora non era Papa. Nucleo centrale della sua riflessione è l'Europa, che ha messo da parte la sua identità, la sua fede. E che oggi deve fare i conti con una crisi che è morale, prima che economica, come ha affermato più volte il Papa. Lo ha ribadito sabato, all'incontro con la plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici. "A volte - aveva detto - ci si è adoperati perché la presenza dei cristiani nel sociale, nella politica o nell'economia risultasse più incisiva, e forse non ci si è altrettanto preoccupati della solidità della loro fede". Servono cristiani autentici. Per questo in Germania a settembre, e il mese dopo ad Assisi, aveva elogiato gli "agnostici" che "a motivo della questione su Dio non trovano pace" e "sono più vicini al Regno di Dio di quanto lo siano i fedeli di routine". Serve, insomma, una Chiesa più libera per credere in Dio. Una crisi che si ritrova anche nella preghiera di Isaia. La quale - dice Benedetto XVI - "sembra rispecchiare certi panorami del mondo postmoderno: le città dove la vita diventa anonima e orizzontale, dove Dio sembra assente e l'uomo l'unico padrone, come se fosse lui l'artefice e il regista di tutto: le costruzioni, il lavoro, l'economia, i trasporti, le scienze, la tecnica, tutto sembra dipendere solo dall'uomo". È da questo mettere l'uomo al centro, e Dio da parte, che accadono le cose sconvolgenti, che fanno sperimentare "il senso dell'abbandono da parte di Dio". Non è la prima volta che Benedetto XVI fa questa riflessione. In Polonia, in visita ad Auschwitz, nel 2007 aveva chiesto: "Dove era Dio in quei giorni? Perché Egli ha taciuto? Come poté tollerare questo eccesso di distruzione, questo trionfo del male?". Ed anche lì, la risposta si trovava alla radice: "Volevano uccidere Dio".