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Il quartiere: è come se avessimo perso una nonna

I soccorritori sul luogo dell'incidente provocato da un camion nel quartiere Balduina

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«Scrivete che era una persona di cuore, sono frasi che si ripetono talmente spesso dopo le tragedie da non sembrare più vere, ma Adelaide era davvero così, era la nostra zia buona». Il fruttivendolo, il gommista, i vicini di casa, non c'è bisogno di troppi particolari per fargli capire di chi si sta parlando, Adelaide la conoscevano bene, la conoscevano come «la donna che aveva sempre un sorriso per tutti: girava per il quartiere col suo cagnolino ed era disponibile anche con gli estranei, era impossibile non volerle bene perché si faceva notare per la sua tenerezza». Adelaide Micchiché, 61 anni, viveva a Torrevecchia, nella palazzina al civico 48 di via Pietro Maffi. Ieri pomeriggio, all'intero 8, il campanello suonava a vuoto. Luci spente e serrande abbassate. «Cerca la zia?», domandano i condomini. Non sanno nulla dell'incidente. La notizia lascia tutti di ghiaccio. «Avevamo sentito alla radio ma no, non può essere lei, lei che si è data così tanto da fare per gli altri nonostante non fosse più tanto giovane, faceva fatica, era un impegno grosso, è un'ingiustizia». Era vedova Adelaide, mamma di Andrea e Marco, che condividevano con lei l'appartamento quando facevano ritorno a Roma, «uno di loro è militare, non c'è sempre». Nel quartiere tutti la ricordano come una donna «estremamente solare, colpiva perché, nonostante l'età, era molto espansiva, e soprattutto aveva una parola buona per tutti». Adelaide si godeva la sua pensione aiutando gli altri. L'ha fatto fino all'ultimo perché così è morta, aiutando un'amica, accompagnando al supermercato l'altra vittima di questa tragedia, Rosa Baroli, 63 anni, una delle disabili ospiti del centro residenziale «Piccola Stella» in cui Adelaide svolgeva un preziosissimo ruolo di coordinamento e assistenza ai disabili non autosufficienti. La onlus si trova a pochi metri dal luogo dell'incidente, al civico 110 di via delle Medaglie d'Oro. Adelaide assistente, Rosa la sua assistita. Ma tra loro c'era soprattutto un legame di affetto, di amicizia, lo stesso che del resto unisce ogni ospite di «Piccola Stella». Ieri erano tutti sconvolti. Gli assistenti faticavano a trovare le parole: «È una tragedia, sia Adelaide che Rosa erano due persone che al giorno d'oggi si trovano difficilmente, buone, sempre propositive, non sappiamo cosa dire». «Piccola Stella» non è un casa di cura per disabili, tengono a specificare cercando di far passare il messaggio che si cela dietro al loro lavoro, che è più attenzione e cura verso i propri cari che semplice assistenza, ma un centro residenziale «in cui Anna viveva, ma anche Adelaide si sentiva a casa, dedicava a noi la maggior parte del suo tempo». Nella struttura, convenzionata con la Asl Roma E, lo sconcerto ha lasciato spazio alle lacrime, nell'androne rimbombavano urla e pianti. Chi scende si affaccia sulla strada per scorgere i lampeggianti della polizia, chi resta trincerato in casa al secondo piano grida di rabbia: «Dovete capirli – spiegano alcuni assistenti riferendosi agli altri otto ospiti della casa famiglia – sono sotto choc. Rosa aveva una figlia ma con noi si era come ricreata una famiglia, è come se avessimo perso una nostra nonna perché la ospitavamo qui da diversi anni ormai. Anche lei era sensibile e generosa, la sua passione era la musica, cantava in un coro all'Auditorium».

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