«Decide Monti».
Tuttitecnici anche i sottosegretari e viceministri del nuovo governo. Non per volontà del premier, ma per i veti incrociati dei partiti, che escludono nomi di politici. Restano comunque sul tavolo le candidature di esperti «di area» indicati da Pdl, Pd e Terzo polo. Ma la partita è adesso in mano ai ministri che, di raccordo con Monti, stanno definendo le singole caselle. I criteri? Poltrone e staff ridotti all'osso e provata competenza. L'obiettivo è chiudere il dossier entro martedì, con un Consiglio dei ministri «ad hoc», prima che Mario Monti parta per Eurogruppo ed Ecofin. In modo da concentrare poi tutte le energie del governo sulle misure economiche. La realtà, si racconta dagli stessi partiti, è che il veto del Pdl sarebbe stato determinante nell'escludere che entrino in squadra politici, sia pure solo in una casella come i Rapporti con il Parlamento. Tornano dunque in panchina D'Andrea (Pd) e D'Onofrio (Pdl). E per affiancare il ministro Giarda si starebbe cercando tra i funzionari delle Camere (Federico Toniolo, già al fianco di Monti in queste settimane, è tra i papabili). Neanche assegnare una delega «ad alta tensione» per i partiti come quella delle Comunicazioni, appare semplice. Tanto che si pensa di lasciarla in mano al ministro Corrado Passera. Roberto Viola, il nome gradito a Milanesi e Catricalà, non piacerebbe infatti a Pdl e Berlusconi. Ma neanche al Pd, che spingerebbe per Nicola D'Angelo. Mentre il Cavaliere punterebbe invece su Vincenzo Zeno Zencovich, sul quale però ci sarebbero perplessità nel governo perché estensore della legge Gasparri e tra gli avvocati di Mediaset. Quanto all'Economia, è ancora aperta la trattativa perché ad affiancare Monti vada Vittorio Grilli. Per il direttore generale del Tesoro si studia l'ipotesi che possa sommare la delega da viceministro all'attuale incarico, in modo da non decurtare il suo stipendio. Mentre alla Giustizia scendono le quotazioni del procuratore Giovanni Ferrara, voluto dal Pdl (non però da una parte degli ex An), ma bloccato da un veto del Pd. Intanto, tra i papabili restano Carlo Malinconico (Editoria), Paolo Peluffo (Cultura), Tullio Fanelli (Sviluppo), Francesco Verbaro (Funzione pubblica), Antonio Rughetti (Interni), Mario Ciaccia (Infrastrutture), Carlo Dell'Aringa (Welfare).