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La crisi mondiale fa scoppiare il Pd

Stefano Fassina, responsabile economico del Pd

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Che potesse succedere era nell'aria. Dopotutto, negli ultimi mesi, il responsabile economico del Pd, Stefano Fassina, aveva discusso e litigato un po' con tutti. Con il vicesegretario Enrico Letta in occasione della lettera inviata dalla Bce all'Italia (Fassina non la condivideva); con Matteo Renzi che, insieme al segretario Pier Luigi Bersani, aveva accusato di riproporre «vecchie ricette fallite»; con il senatore Pietro Ichino di cui, ovviamente, non condivideva le proposte su licenziamenti e mercato del lavoro. Normale per uno che è stato più volte accusato di vicinanza eccessiva alla Cgil. Poi è arrivato Mario Monti che, invece, quelle ricette «recessive» le condivide e le vorrebbe realizzare. E la posizione di Fassina è notevolmente peggiorata. Al punto che, davanti alle critiche ricevute, il responsabile economico del Pd ha invitato gli avversari a uscire allo scoperto. Detto, fatto. Ieri l'ala liberal del Pd, capitanata da Enzo Bianco insieme a Ichino, ha chiesto con una lettera le dimissioni del "nemico". «Le sue posizioni - hanno scritto Bianco, Ludina Barzini, Andrea Marcucci, Pietro Ichino e Luigi De Sena - appaiono in netta dissonanza rispetto alle linee di responsabilità e di rigore assunte giustamente dal segretario». Così come, hanno proseguito, «le sue soluzioni, ispirate alle vecchie culture politiche del secolo passato, non sono compatibili con il dovere di rappresentare il complesso delle posizioni assunte dal Pd». Parole che Bersani ha commentato un po' perplesso: «Fassina si rifà alla linea del partito, non capisco la richiesta». Dopotutto non è un momento facile per il segretario, commissariato dal Capo dello Stato e costretto a rispolverare il tema dell'immigrazione per non entrare nel merito delle altre misure su cui il governo sta lavorando. E c'è chi giura che quando Fassina, lunedì, ha definito «depressive» le ricette del commissario europeo Olli Rehn, Giorgio Napolitano si sia lamentato con i vertici del Pd. Ciò nonostante la richiesta di dimissioni avanzata dai Liberal ha il merito di ricompattare il partito. Notizia che di certo fa piacere a Bersani. Per Walter Veltroni «il Paese ha ben altri problemi oggi, problemi drammatici che chiedono responsabilità». E contrari alla "cacciata" sono anche Ignazio Marino, e Marco Follini che evidenzia come «un partito non è né una falange macedone, né un orologio svizzero». Dal canto suo, Fassina provoca i colleghi di partito: «Per Natale regalerò loro un abbonamento al Financial Times così possono leggere il dibattito internazionale di politica economica e ritrovare le posizioni, aggiornate e non ideologiche, della cultura liberale». Immediata la replica di Bianco: «Ricambierò donandogli un corso di 12 lezioni per rinfrescare la lingua inglese, in modo che la sia lettura sia più accurata».

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