Al Pd serve la psicoanalisi
Caro Direttore, ora che il partito di Monti & Co ha concesso (o, se preferisci, imposto) ai partiti tradizionali con medaglietta parlamentare e vitalizio una specie di sia pur parziale tregua, non sarebbe male che essi utilizzassero quest'anno e mezzo di sabbatico per cominciare, direbbe Freud, "a guardarsi dentro" per poter così capire meglio come, da che parte e con chi vorranno affrontare la prossima tenzone elettorale. Le angustie (e le psicosi) che stanno attanagliando i berlusconiani ora rimasti orfani anche della Lega non sono certo prive di interesse, ma penso che, in questo momento, lo siano ancora di più quelle che sta vivendo il partito democratico che pure appare, almeno sulla carta, il maggiore fruitore di questo improvviso e spettacolare cambio di scena. Eh sì, caro direttore, che ci sarebbe bisogno per il Pd di uno di quei dorati lettini che offre la psicoanalisi. E perché mai proprio il partito che oggi, nei sondaggi, pare avere più consenso di tutti gli altri, dovrebbe sottoporsi a una simile terapia? Per un paio di motivi che forse sfuggono al lettore più distratto, ma stanno togliendo, invece, il sonno a gran parte dei suoi dirigenti e al suo variegato cotè di iscritti e di simpatizzanti. Il primo è che non è ancora affatto chiaro quali potranno essere, in vista di un possibile ritorno a Palazzo Chigi, i suoi veri compagni di cordata. Il secondo è che Pierluigi Bersani, suo attuale leader, è, da una buona parte dei dirigenti, rispettato in pubblico ma poi pesantemente sbertucciato, invece, nel privè delle conventicole correntizie. Nessuno dei suoi criticoni nega che Bersani sia un vero galantuomo che lavora solo per fare gli interessi del partito. Solo che lo considerano (e non da oggi) uno di seconda linea, insomma un super gregario e pure di gran lena, ma non un Coppi o un Bartali capaci di vincere Giro d'Italia e Tour de France. E su questo "di più" che pare mancargli per far vincere al Pd il gran giro elettorale del post governo Monti abbondano purtroppo (per lui) i pepati "off record" dei Franceschini, Veltroni, Chiamparino, Zingaretti (non l'attore ma il fratello), Letta (Enrico), Renzi e persino D'Alema che, nonostante sia stato ormai estromesso da tutto, si considera ancora il vero "patron" della sinistra di governo. Così capita spesso che il cronista che si aggira nei meandri del Pd e ausculta l'intrigante e fitto discorrere sottovoce dei suoi dirigenti non riesca a raccapezzarsi su quale potrà essere il futuro di un partito che, in quanto a leader, cerchia di alleanze e target, pare ancora procedere a zig zag. E quel che è peggio, caro direttore, è che anche la grande stampa, che pure ha fatto di tutto e di più per rovesciare il governo di Berlusconi, si è messa a sbertucciare Bersani in vari modi: Repubblica dal primo giorno che è stato eletto segretario, il Corriere della Sera soprattutto da quando è stato eletto a Milano un sindaco di sinistra come Pisapia che, con Bersani, non è mai andato al di là del buongiorno e buona sera. Insomma, caro direttore, sarebbe bene che il partito democratico cominciasse a chiarirsi (e a chiarirci) le idee su quel che vuol fare da grande: vuole Bersani come leader e come possibile futuro capo del governo oppure no? E poi: il Pd pensa di varcare la soglia di Palazzo Chigi insieme con Di Pietro e personaggi funambolici come Vendola o ha altre idee? Perché non è affatto chiaro come possano conciliarsi alleanze con Vendola ed anche con Casini. Insomma siamo in pieno enigma e non è chiaro come uscirne. Tanto per dirne una. Nel febbraio di quest'anno Bersani ha dato alle stampe un libro-intervista di 200 pagine tutte dedicate al tema della "ricostruzione" (è questo il termine che poi ha usato come mantra per convegni e manifesti) a cui sarebbe stato necessario mettere mano una volta che Berlusconi si fosse tolto di mezzo. È ancora nelle librerie al costo di 10 euro, ma è bene che il lettore sappia che leggendolo non capirà un gran che di quel che davvero voglia fare e non fare da grande il partito democratico. Perché il pensiero è onnivoro e il cantiere è omnibus. Nel senso di un partito che apre le porte a tutti o quasi e poi si vedrà con chi stare. A quando, invece, dieci stringate paginette in cui Bersani (o altri) spieghi con chiarezza dove intende andare il Pd? E con chi al suo fianco?