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"I poteri forti? Purtroppo non ci sono"

Il presidente della Comunità ebraica romana Riccardo Pacifici

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«Purtroppo, che ci piaccia o no, l'Italia di poteri forti non ne ha. Se li avesse avuti - probabilmente - oggi non ci troveremmo in questa situazione di crisi, dal momento che i cosiddetti poteri forti spesso operano nell'interesse del Paese da cui nascono». Riccardo Pacifici, presidente della Comunità ebraica di Roma, di registi occulti che manovrano il governo Monti nell'interesse di chissà quale lobby oscura, proprio non ne vede. Eppure si è tanto parlato di banchieri di Dio, burattinai della finanza, congiure giudaico massoniche... «Il presidente Monti ha già chiarito che tutto questo non esiste. Fortunatamente il mondo dei media, dai giornali ai dibattiti dei forum sul web, non si è ancora pubblicamente espresso in facili associazioni di idee che possono sfociare nel classico stereotipo antisemita legato alla finanza».  Il rischio c'era?  «Purtroppo il passaggio è facile, soprattutto in un periodo di depressione come quello che stiamo vivendo. Attenzione, però. Non escludo che qualche singolo ebreo, esattamente come fanno altri speculatori, stia soffiando sul fuoco per fare i propri interessi. Gli ebrei - come gli altri cittadini del mondo - fanno finanza. Di certo, però, non la controllano».  Eppure ieri per le strade di Roma alcuni ragazzi travestiti da banchieri hanno inscenato un flash-mob al grido di "o popolo o usurai, tu da che parte stai?"  «Sono scenette che possono far sorridere, ma che in realtà sono pericolose. Un momento del genere, in cui il governo è chiamato a scelte dolorose, che porteranno qualcuno anche magari a perdere il lavoro, costituisce un'esca ghiotta per chi vuole alimentare sentimenti di odio e razzismo. Non si tratta di antisemitismo, ma di preoccupanti luoghi comuni».  Cosa intende? «Ad esempio si inizierà a dire: "I rumeni ci portano via il lavoro" e sappiamo che non è così. Rischiamo paradossalmente un problema intercomunitario, con un inutile antagonismo competitivo tra Germania e Italia». Il complotto non c'è. Ma il pericolo è che qualcuno approfitti di questa situazione. È così? «Abbiamo il dovere di essere vigili. Servono scelte coraggiose nel nome e nel bene del Paese. È quello che ha fatto il governo Berlusconi facendo un passo indietro pur avendo la maggioranza in parlamento e quello che hanno fatto quelle che prima erano le opposizioni unendosi in un governo di responsabilità nazionale». Qualcuno dice che non è democrazia... «È democrazia, eccome. Chiunque può decidere in qualunque momento di non dare la fiducia al governo. Tutti i partiti hanno la responsabilità di comunicare ai propri elettori i motivi che li hanno spinti in questa direzione. E non dare colpe a soggetti terzi. La demagogia di questi tempi è troppo pericolosa. Pensi che abbiamo dovuto assistere alla sfilata di alcuni signori vestiti con le camicie brune e che questa boutade ha persino trovato alleati in Parlamento. È lo stesso signore che si è presentato con il lutto al braccio per la morte della democrazia. Non faccio nomi per non fare ulteriore pubblicità». È questo il vero pericolo? «Esattamente. Quella è gente di cui diffidare. Oggi non rappresenta nulla in termini di numeri, ma se dovessimo continuare a soffiare sul fuoco - in un momento di sacrifici comuni e di assenza di leader carismatici, di statisti che non pensino solo alle prossime elezioni - rischiamo che una sceneggiata di gente che sfila con le camicie brune si trasformi in qualcosa di significativo. Dopotutto Hitler iniziò con le sceneggiate folkloristiche e poi vinse democraticamente le elezioni, cavalcando la crisi del '29». Come andrà a finire?  «Il momento è così delicato da richiedere a tutti i componenti della società civile una particolare assunzione di responsabilità. Ognuno deve fare la sua parte nell'interesse del proprio Paese. E non parlo solo dell'Italia». È l'Europa nel mirino... «Se l'Unione europea non riuscirà a ricostruire una serenità che sia innanzitutto economica, rischiamo di veder crescere quei movimenti xenofobi e razzisti che sappiamo esistere. E non parlo dei programmi antieuropeisti, quelli fanno parte del confronto democratico, ma della nascita di quella cultura del sospetto che è contro l'immigrazione in generale. Abbiamo il dovere di rimanere vigili». Il governo Monti ce la farà? «Io sono molto fiducioso. E il mio ottimismo deriva dalla convinzione che all'interno dell'attuale governo ci siano personalità sensibili a questi temi, come ad esempio Andrea Riccardi che molte volte si è speso per il dialogo e contro ogni discriminazione».  

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