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Un milione di voci in piazza Tahrir

Egitto, la folla in piazza Tahrir

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Un milione di persone in piazza Tahrir. Nessuno in realtà le ha contate, ma la folla era davvero impressionante e il numero invocato nei giorni scorsi dagli organizzatori della protesta è stato, quantomeno idealmente, raggiunto. E qualche effetto, sul quale peraltro è bene non farsi illusioni, è stato ragguinto: ieri il Consiglio supremo delle Forze armate egiziane si è detto disponibile a un «referendum» sul ruolo dei militari nell'attuale fase della vita politica del Paese. «Noi - ha detto il capo del Consiglio, Hussein Tantawi - siamo disponibili ad ascoltare la volontà del popolo sulla nostra continuità alla guida del Paese, anche se questa volontà venisse espressa in forma referendaria». Poi, una sorta di difesa d'ufficio, a dir poco iorritante, visti i bilanci dei giorni scorsi che parlano di 40 morti e di 1.500 feriti: «Non abbiamo sparato una pallottola contro i civili e non vogliamo mantenere il potere». È sempre Hussein Tantawi a parlare alla popolazione, attraverso un messaggio trasmesso dal canale televisivo di Stato: «Abbiamo assunto una responsabilità in un momento delicato della storia del Paese e siamo stati ingiustamente diffamati da forze che si dall'inizio hanno cercato di creare tensioni fra il popolo e il Consiglio militare e tra i partiti». «Il nostro unico compito - ha sottolineato Tantawi - è proteggere la patria, primo obiettivo era garantire la sicurezza, ma anche in questo caso siamo stati attaccati». Tantawi ha confermato la data delle prossime elezioni parlamentari (il 28 novembre) e che quelle presidenziali si terranno non oltre la fine di giugno 2012. Poi, ha concluso: «Accettiamo le dimissioni del governo, ma gli abbiamo chiesto di restare in carica finché non se ne formerà uno nuovo». Sul piano della battaglia, soldati hanno rimpiazzato ieri sera gli agenti di polizia nei cordoni a protezione del Ministero dell'Interno, meta di ripetuti tentativi di assalto da parte di manifestanti di piazza Tahrir che hanno più volte imboccato la vicina via Mohamed Mahmoud. In quella strada si sono ripetuti gravi scontri. In piazza non c'erano i Fratelli Musulmani che hanno deciso di «aprire» all'appello al dialogo lanciato dalla giunta, la quale ha già avviato i colloqui con le forze politiche. Poco prima la giunta militare e le principali formazioni politiche dell'opposizione avevano siglato un accordo per la formazione di un «governo di salvezza nazionale» e per anticipare alla fine di giugno 2012 le elezioni presidenziali, in tempo per trasferire i poteri il 1 luglio, ha annunciato uno dei candidati presidenziali, Mohammed Selim al-Awa, al termine della riunione con il Consiglio. Nel vertice è anche emersa la possibilità che l'ex direttore generale dell'Aiea e premio Nobel per la Pace, Mohammed ElBaradei (candidato alle presidenziali) possa prendere il posto del premier dimissionario, Essam Sharaf. La Casa Bianca ha definito le violenze «deplorevoli». Per il ministro degli Esteri italiano Giulio Terzi le violenze sono «assolutamente inaccettabili» e «i militari e gli ufficiali che ne sono stati responsabili devono esser portati a giudizio».

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