Parte la corsa alla poltrona
Viceministri e sottosegretari ci saranno presto. Ma non subito. Anche perché se il confronto con i partiti che sostengono il governo continua, ancora non è chiaro il metodo che adotterà il professore per riempire le «caselle». L'ha chiarito lo stesso premier Mario Monti: «Ci prendiamo ancora qualche giorno per la nomina di viceministri e sottosegretari». Poi ha precisato: «Le decisioni saranno prese con il criterio di sobrietà e competenza che finora da tutti è stato riconosciuto». Il ministro del Welfare e delle Pari Opportunità, Elsa Fornero, ha confermato: le nomine si faranno «la prossima settimana». Secondo le indiscrezioni, i sottosegretari dovrebbero essere 25 mentre i viceministri cinque o sei. Il dilemma «tecnici» o «politici» sembra risolto. L'idea che deputati o senatori possano entrare nell'esecutivo è tramontata. Con buona pace di Mario Pepe (Pdl) che pochi giorni fa ha voluto dare un consiglio al nuovo premier: «Io farei almeno i sottosegretari politici, perché i tecnici ci metterebbero due anni solo per trovare gli uffici e le aule delle commissioni parlamentari». Ieri è stato invece il capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, a chiedere che i sottosegretari siano tecnici: «Si leggono sui giornali ipotesi amene. Abbiamo già rappresentato al presidente Monti la nostra posizione circa l'opportunità che nel governo fossero nominati solo tecnici. Ciò vale per i ministri, come è di fatto accaduto, ma deve valere anche per i sottosegretari. Per essere considerati tecnici non basta non essere mai stati eletti o semplicemente inseriti in qualche lista». Il terzo polo ha un'opinione diversa. I deputati dell'Udc, Fli e Api ritengono che con i politici nel governo sarebbe più facile il collegamento tra l'esecutivo e i partiti. Ma, ha spiegato Pier Ferdinando Casini un paio di giorni fa, si deve «prendere atto del no del Pdl e del Pd». La partita è complessa. Anche perché in queste ore, inevitabilmente, non mancano le autocandidature. Pressioni indirizzate non solo agli esponenti di governo ma soprattutto ai leader della maggioranza trasversale che sostiene il governo Monti. Il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, si è sfogato su facebook: «Sono da stamani oggetto di un numero crescente di telefonate di aspiranti viceministri». I nomi arriveranno. Ma Monti ha già un'idea di quali ministeri rafforzare. Avrebbe deciso di affiancare al superministro di Sviluppo, Infrastrutture e Trasporti, Corrado Passera, un viceministro. Potrebbero arrivare un viceministro e un sottosegretario al ministero dell'Economia, che il presidente del Consiglio ha voluto tenere per sé. Per queste ultime poltrone girano i nomi del professore di Economia alla Bocconi Guido Tabellini, già dato per possibile successore del ministro Giulio Tremonti, del vicedirettore della Banca d'Italia, Anna Maria Tarantola, del direttore del Tesoro, Vittorio Grilli, e del professore della Cattolica Carlo Dell'Aringa. Quest'ultimo entrerebbe in quota Pd. Al ministero degli Esteri potrebbe arrivare come sottosegretario l'ex ambasciatore Mario D'Urso. Mentre al Lavoro, sempre in quota Pd, Angelo Pandolfo, ora alla Corte dei conti. Potrebbero entrare nel governo anche il presidente della Fieg, Carlo Malinconico, e il direttore generale del dipartimento Funzione pubblica, Francesco Verbaro. Per il terzo polo Cristina De Luca, già sottosegretario al Welfare, e il giurista, esperto di liberalizzazioni, Alberto Gambino. Ma la partita è aperta. Monti potrebbe chiedere ai partiti di avanzare delle proposte, «rose» di nomi di viceministri e sottosegretari «graditi». Uno dei parlamentari che ha seguito da vicino la formazione dell'esecutivo, spiega che ancora «non è chiaro quanti nomi dovrebbe indicare ciascun gruppo. E poi «quali caselle» il premier eventualmente lascerà libere per i partiti. Inoltre bisognerà confrontarsi con i ministri, «perché non possiamo pensare che personalità di questa caratura accettino a scatola chiusa il nome che gli indicheremo». Nei prossimi giorni, insomma, il lavoro sarà piuttosto intenso. Un possibile metodo per arrivare alla soluzione potrebbe essere quello avanzato da altri deputati: «Capiti quanti nomi ciascun gruppo dovrà indicare, potremmo avanzare una rosa all'interno della quale i ministri sceglieranno persone di loro gradimento e fiducia». Ma su come sarà composta la «rosa», ogni gruppo dovrebbe regolarsi con criteri propri e autonomi. Dal Terzo Polo fanno sapere che non intendono «nascondersi»: «Forniremo nomi di alto profilo ma facilmente individuabili come area di riferimento». Anche dal Pd si pensa ad ex parlamentari con competenze specifiche. Più cauto il Pdl: «Per quanto ci riguarda, meno ci mettiamo la faccia meglio è». Si punta dunque a «funzionari di Camera o Senato, o persone che i nostri ex ministri magari hanno conosciuto e apprezzato nei ministeri».