Se l'Italia fallisse, effetto domino
Fino a qualche mese fa parlare di Armageddon finanziario era un giochino da complottisti. Roba come «gli americani non sono mai andati sulla luna» o «dietro agli attacchi dell'11 settembre c'era la Cia». Leggende metropolitane. Ma se la parola catastrofe finisce anche nelle penne di analisti ed economisti seri e navigati allora sì che, come direbbero sempre i capitalisti yankees, «Houston, abbiamo un problema». E il problema si chiama Italia, almeno secondo Edward Harrison, il fondatore del blog economico Credit writedowns ed ex strategist di Deutsche Bank, Bain, e Yahoo. Di certo non un novellino. Che ha tracciato uno scenario sul default dell'Italia. Inquietante ma inevitabile, scrive Harrison, se la Banca Centrale Europea non vestirà il ruolo di prestatore di ultima istanza facendo da garante ai titoli italiani e spagnoli. Ma cosa succederebbe se l'Italia fallisse? L'Italia è troppo grande perché le banche possano fare i conti con la sua insolvenza in termini di svalutazioni. Ciò renderebbe insolventi molte delle stesse istituzioni finanziarie. Un eventuale default sarebbe incontrollato e cristallizzerebbe immediatamente le perdite nei bilanci di chiunque possiede i titoli di Stato. Ci sarebbe una fuga in massa di capitali dalle banche più fragili, il cosiddetto bank run. Una volta fallito il Paese, le banche italiane sarebbero insolventi come risultato delle loro perdite poiché sono le principali proprietarie del debito sovrano. Gli stessi 10 miliardi di svalutazioni decise dal cda di Unicredit, lunedì, dimostrano che gli istituti sono già deboli. Altri creditori di titoli di Stato italiani, già deboli, senza i fondi del Fmi finirebbero sotto pressione. Soprattutto Spagna e Slovenia ma in seguito anche il Belgio e l'Austria per la loro esposizione bancaria nell'Europa dell'Est. Anche questi governi potrebbero fallire in seguito alle perdite dei rispettivi sistemi creditizi. Le perdite di Unicredit comprendono significative svalutazioni nell'Est Europa e nell'Asia Centrale (Ucraina e Kazakhstan). Il contagio si allargherebbe a Ungheria e la Slovenia. Le banche austriache, greche e tedesche sarebbero più vulnerabili a causa della loro esposizione in Europa centrale e nel Paesi baltici. In Europa altri istituti debitori con una esposizione significativa nei confronti dell'Italia potrebbero soffrire pesanti svalutazioni. Certo, potrebbero essere ricapitalizzati dallo Stato. Ma quali sarebbero le conseguenze per i possessori di bond? E gli effetti sui livelli del debito sovrano oltre che del rating? E sulla disponibilità di credito? E sulla crescita economica? Un default dell'Italia potrebbe innescare i Cds (le “polizze” di copertura del rischio Paese), molti dei quali sono stati venduti da istituzioni finanziarie americane. Come li pagherebbero? Riusciranno a farlo? Quali sarebbero gli effetti delle perdite italiane sulle loro capitalizzazioni? Lo stesso ragionamento fatto per i Paesi dell'eurozona si può infatti applicare alle banche americane in caso fossero ricapitalizzate dallo Stato. Non solo. Gli americani consentirebbero l'ennesimo salvataggio? Non è un caso se la scorsa settimana il segretario Usa al Tesoro, Geithner, ha sottolineato che «l'Italia sta compiendo difficili scelte per mettere in ordine la propria economia, ma Roma deve muoversi rapidamente. Noi stiamo facendo tutto quel che possiamo per incoraggiarli e dove potremo aiutarli, li aiuteremo», ha poi aggiunto il segretario al Tesoro. Ieri, intanto, il presidente della Fed di San Francisco, John C. Williams ha detto che il «rischio maggiore» per le prospettive dell'economia statunitense viene dalla crisi finanziaria dell'Europa. In guerra, tutto il mondo è paese.