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Governo, Berlusconi: per noi solo tecnici

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Silvio Berlusconi

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Se ne sta a casa per tutto il giorno. Chiuso a palazzo Grazioli. Guarda le vicende che riguardano la formazione del nuovo governo con una sorta di distacco. E con un sottile compiacimento: «Ma non avevano detto che andavo via io e lo spread sarebbe sceso? Anzi, doveva crollare? Ebbene, avete visto oggi? È tornato a salire». Legge le dichiarazioni dei vari esponenti che sono andati da Monti per le consultazioni: ognuno con una richiesta diversa. Quasi sempre non coincidenti. Per non parlare delle parti sociali: chi chiede subito la reintroduzione dell'Ici, chi invece è contrario, chi vuole la patrimoniale, chi la lotta all'evasione, chi altro. Berlusconi assiste: «Monti non vuole assumersi da solo una responsabilità enorme. Non posso che capirlo». Che la situazione sia delicata è ben chiaro anche a palazzo Grazioli. Intanto la fiducia, che sarebbe dovuta essere a tempi record, slitta. Se ne riparlerà venerdì. Il Cavaliere con i suoi non si è mostrato ottimista: «Siete sicuri? Sicuri che non si finisce alla settimana prossima?». Perché questo pessimismo? Perché le trattative per la formazione dell'esecutivo si sono improvvisamente avvitate. Il Pdl resta dell'idea che il suo unico nome sia Gianni Letta. Che però ha fatto un passo indietro visto il no del Pd sul suo nome. In subordine lo stesso Letta ha fatto sapere che potrebbe essere sostituito da Antonio Catricalà. Non è solo un nome, è un modello: un tecnico riconosciuto da tutti per essere neutro. No dunque a professori che però provengono da una precisa area politica, tanto per esser chiari. Il Terzo Polo s'è fatto avanti con i politici. Dice un big del Pdl: «Ma si rende conto? Hanno fatto i nomi di Cesa, Rutelli e Italo Bocchino. Per quest'ultimo sarebbe gradita la Giustizia». Il Pd è pronto a fare una sfilza di nomi di politici, tecnici, tecnici area, finti superpartes. Lo dice chiaro e tondo Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera: «Tecnici devono essere non solo i ministri ma anche i sottosegretari. Ed il Pdl non dà mandati in bianco: devono essere chiari sia programma che struttura di governo». La situazione è talmente confusa che Maurizio Migliavacca a metà pomeriggio è costretto a fare un comunicato per dire che sono «ore delicate» e, come fosse un ordine di servizio, segnala a tutti che è il momento di restare in silenzio perché una parola fuori posto può compromettere tutto. Per questo Berlusconi si guarda le scene. Non che se ne compiaccia ma vede Monti nella sua stessa situazione di appena qualche ora fa. A trattare e mediare su posizioni inconciliabili mentre l'opposizione e gli italiani t'addossano di tutto. Da un sussulto di spread a una richiesta della Ue. Così, il Pdl che oggi si recherà dal premier incaricato porterà una linea chiara. Primo punto, niente politici nell'esecutivo. Secondo punto, il governo nasce per applicare i provvedimenti contenuti nella lettera alla Ue. Niente Ici, niente patrimoniale. Tantomeno legge elettorale, come pure hanno cominciato a chiedere insistentemente dal centrosinistra. Monti avrà la fiducia su quei punti, se derogherà sarà battaglia. Battaglia soft in Parlamento, battaglia durissima nelle piazze. Si mette in moto la macchina delle grandi manifestazioni, si sfoglia l'agenda per cercare una data magari come quella del 2 dicembre 2006, quando Forza Italia, An e pezzi dell'Udc marciarono per Roma facendo nascere nelle vie il Pdl. Cicchitto è esplicito: «Nessuno può pensare a consensi dati al buio anche perché noi dovremo portare una precisa proposta all'ufficio di presidenza del Pdl». Spiega che quello del principale gruppo in Parlamento sarà «un atteggiamento costruttivo nei confronti del presidente incaricato Monti, a condizione che ci si confronti su una organica proposta programmatica e anche sulla struttura del governo». «Berlusconi - ricorda il presidente dei deputati Pdl - non è stato sfiduciato dal Parlamento, ha fatto un passo indietro con grande senso di responsabilità perché, anche per la secessione di alcuni deputati, si era creata una situazione di stallo alla Camera mentre, per un verso l'Ue per altro la finanza internazionale, chiedono governi con maggioranze ampie e stabili per fare manovre economiche molto incisive». «Nasce di qui - sottolinea ancora - il nostro atteggiamento costruttivo nei confronti del presidente incaricato Monti, a condizione che ci si confronti su una organica proposta programmatica e anche sulla struttura del governo». E infatti Berlusconi si concentra adesso sulle elezioni che verranno. «Mi occuperò del partito - spiega ai suoi -. Mi chiamano dappertutto, da tutta Italia. Andrò ovunque. Mi metterò a rigirare il Paese. Starò con i deputati, con i miei deputati. Li ho dovuti forse un po' trascurare per gli impegni di governo». Una linea che riguarda e impegna tutti. Per esempio l'orientamento è di vietare ai ministri il ritorno al partito che suonerebbe come una bocciatura per quelli che in questi anni sono rimasti murati vivi a via dell'Umiltà. E proprio prendendo spunto dal nome della strada dove si trova il partito, gli ormai ex capi dei dicasteri verranno spediti a fare i semplici deputati (magari di appoggio esterno). Il Cavaliere ha chiesto a tutti di essere presenti in Aula e nelle commissioni per dimostrare che il Pdl è decisivo. Lui stesso darà l'esempio. Berlusconi ora teme altre fughe. Sa che se non si fosse dimesso altri quattro o cinque sarebbero usciti dal Pdl. Oggi è tutto diverso perché all'Udc non serve più fare campagna acquisti. Almeno alla Camera. Piuttosto la questione potrebbe aprirsi al Senato dove il centrodestra conserva ancora saldamente la maggioranza, la golden share per qualunque iniziativa politica futura. Il Cavaliere ci tiene a renderlo noto e lo fa sapere attraverso il ministro degli Esteri uscente, Franco Frattini: «Ho sentito il presidente Berlusconi stamattina (ieri mattina, ndr) e l'ho trovato molto determinato a mantenere il suo impegno per rafforzare il partito. Da parte mia - aggiunge Frattini - l'ho molto incoraggiato in questa sua determinazione». Evitare le fughe, non lasciare il campo - sul territorio - completamente alla Lega, riorganizzare il partito. E, in ultima analisi, prepararsi al voto. Quando arriverà. Nel 2013, come sostiene Monti? «Aspettiamo gennaio e capiremo», dice uno dei fedelissimi del premier.

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