È l'ora del tirannicida immaginario

Commovente l'ardimento sfoggiato l'altra sera da quegli armenti di simil-partigiani che hanno salutato in piazza la caduta del tiranno di Arcore con impavide raffiche di insulti, intrepidi alleluia, qualche temerario lancio di monetine e persino uno struggente «Bella ciao». Commovente e anche istruttivo. Giacché con questa ennesima espressione della sua vocazione eroica, la nostra sinistra di base ci ha ricordato ancora una volta che forse il personaggio più toccante della nostra incessante tragicommedia politica è il Tirannicida Immaginario. Proprio a questo glorioso tipo umano appartengono, infatti, i piazzaioli dell'altra sera. Ai quali quel titolo si addice non tanto perché, com'è arcinoto, l'uomo contro il quale hanno inscenato quella gagliarda gazzarra solo quando era ormai già caduto non era affatto un tiranno, bensì soprattutto perché l'idea che li esalta, ossia il fiero convincimento che ad abbattere quel supposto tiranno siano stati proprio loro, con la loro fede e tenacia di puri e semplici «resistenti», è una ridicolissima illusione. In cui, naturalmente, i veri soggettisti, sceneggiatori e registi di quel lunghissimo film che è stata la storia della caduta del Cavaliere – vale a dire i caporioni, nazionali ed esteri, delle diverse cricche politiche, sindacali, finanziarie, giudiziarie, mediatiche e salottiere che hanno fomentato e diretto per anni questa sinistra campagna – troveranno di che sghignazzare al pensiero della vanagloriosa innocenza dei loro gregari di lotta e di piazza. Il Tirannicida Immaginario è del resto un personaggio che può sventolare una lunga e onorata carriera storica. Innumerevoli, infatti, sono gli spettacolini in cui si è già prodotto, con la necessaria maestria, nel nostro passato sia che remoto. Non fu forse un branco di Tirannicidi Immaginari quei giovani comunisti che nell'aprile del '93, quando su Bettino Craxi si era già abbattuta la scure di Mani Pulite, inscenarono contro di lui, davanti all'hotel Raphael di Roma, quell'audacissimo lancio di monetine? Non fu un'immensa folla di Tirannicidi Immaginari quella che a Milano, a piazzale Loreto, il 29 aprile del '45, espresse tutta la sua ferma fede antifascista prendendo a calci e anche a pisciate in faccia il cadavere di un Mussolini già da più giorni catturato, fucilato e appeso per i piedi, con la sua amante e alcuni suoi camerati, a piazzale Loreto? E non appartengono in fondo alla specie dei Tirannicidi Immaginari tutti quegli antifascisti che si sono sempre vantati di aver combattuto e abbattuto un regime il cui crollo, essendo avvenuto soltanto verso la fine, per noi provvidenzialmente disastrosa, della seconda guerra mondiale, ossia nel luglio del '43, vale a dire poche settimane dopo lo sbarco delle truppe alleate in Sicilia, fu in effetti una vitoria degli angloamericani? Con un pizzico di malizia si potrebbe persino sostenere che la figura del Tirannicida Immaginario spicca eanche sulla scena del nostro Risorgimento. Per accedere a questo sospetto basta infatti chiedersi chi furono i veri artefici della fine del regno delle due Sicilie e della caduta di quella stirpe di supposti tiranni che fu il ramo dei Borbone di Napoli. Furono quei «patrioti» che si gloriarono subito di esserlo loro o quei poteri forti (monarchia sabauda, esercito piemontese, massoneria europea, protettori inglesi e francesi, i Rotschild di Parigi, una stampa sedicente «liberale» controllata da piccole cricche ideologiche prive di qualsiasi consenso popolare) che governò l'intera impresa unitaria? In un'onesta riscrittura della nostra storia nazionale il Tirannicida Immaginario dovrebbe essere insomma onorato come un suo indispensabile eroe.