Quando la nuova squadra di governo - alle 17 in punto - fa il suo ingresso, il salone delle Feste del Quirinale è già pieno di gente.
Iposti in prima fila sono già tutti esauriti. A vederli arrivare, appare chiaro che i neo-ministri della Repubblica a stare a «Palazzo» proprio non sono abituati. E l'impressione è che anche sulle poltrone dei salotti della tv non si sentirebbero a proprio agio. C'è chi osserva, col naso all'insù, le pitture che decorano la volta della sala (e forse non sa che si tratta de il Trionfo dell'Italia, e di questi tempi un po' di scaramanzia non guasta), c'è chi guarda, incuriosito, tutti gli altri. Sorridenti, si presentano. Si stringono le mani. Ricordano tanto i componenti di un'orchestra che, tra gli applausi, prendono posto sul palco. Professionisti navigati, non certo giovanissimi, vestiti di tutto punto. Ognuno ha portato con sé il suo strumento, e la sua indiscussa abilità nel suonarlo. La platea continua ad applaudire, si aspetta da loro la più soave delle sinfonie. Ma loro non hanno mai suonato insieme. La sfida del governo Monti inizia così. Il giuramento arriva subito dopo. Al seguito dei corazzieri fanno il loro ingresso Giorgio Napolitano e il nuovo presidente del Consiglio. Il professore è il primo a giurare fedeltà alla Repubblica nelle mani del Capo dello Stato. Bastano pochi secondi: formula di rito, firma, controfirma e sguardo d'intesa tra i due. Come a dire: «È andata. Sarà dura, ma almeno questa è fatta». Donato Marra, segretario generale alla presidenza della Repubblica, annuncia tutti gli altri. Ogni ministro ha in mano un foglio con su scritte le parole da leggere. Il via vai procede spedito. C'è chi strilla deciso (come Andrea Riccardi, titolare della Cooperazione internazionale) e chi, timoroso, fa appena sentire la propria voce (è il caso, ad esempio, di Piero Giarda ministro dei Rapporti con il Parlamento). I ministri che hanno già giurato, tornano a posto e scambiano qualche battuta tra loro. Chi deve ancora recitare la formula di rito rimane teso, immobile. I flash, numerosi in ogni circostanza, si sbizzarriscono quando a giurare sono le tre donne del nuovo governo. Tocca per prima ad Anna Maria Cancellieri. Il suo sguardo è sorridente e severo. La sua lettura emozionata. Un'occhiata all'abbigliamento è d'obbligo. Il secondo ministro dell'Interno donna della storia della Repubblica, dopo Rosa Russo Iervolino, opta per un tailleur total black, una camicetta bianca e tre fili di perle. Paola Severino, neo Guardasigilli, sceglie invece una giacca blu in raso abbinata su pantaloni neri morbidi. Un po' più ardita la giacca bianca indossata da Elsa Fornero, ministro del Welfare con delega alle Pari opportunità, indossata su una gonna nera. Niente tacchi a spillo. Le scarpe sono basse, classici décolleté neri. Anche gli uomini scelgono un look d'ordinanza: abito scuro (domina il grigio fumè), camicie bianche e cravatta a microdisegni. La cerimonia dura poco più di un quarto d'ora. A giuramento concluso il presidente della Repubblica, il presidente del Consiglio e i ministri si schierano su due file per la foto di rito. «È la squadra anti-crisi - ironizza qualcuno - Giocano contro lo spread». Già, lo spread. Mentre il nuovo governo italiano si concede ai flash, i mercati - incuranti di quanto accade nel salone delle Feste del Quirinale - continuano a mettere sotto scacco l'Italia. Napolitano, però, che della «squadra anti-crisi» è a tutti gli effetti il capitano, è fiducioso: «Dall'Europa abbiamo avuto segnali positivi, di attenzione e di fiducia. Credo che molto presto ci saranno conferme di questa positiva predisposizione delle istituzioni europee nei nostri confronti», assicura. Al Capo dello Stato non resta che formulare un «vivissimo augurio» al presidente e ai membri del nuovo governo «in vista del difficile compito che li attende in condizioni altamente impegnative». Napolitano appare provato, ma visibilmente soddisfatto del lavoro svolto: «Credo che questo governo nasca in un clima positivo, e me ne compiaccio. La costituzione del nuovo esecutivo è stata delicata, anche per la sua carica di assoluta novità», ammette. Il suo sguardo fiducioso al futuro, però, non intende dimenticare il passato. Un caloroso ringraziamento va anche al presidente e ai membri del governo uscente, con un particolare riferimento «al dottor Gianni Letta, per la continua e sempre scrupolosa collaborazione istituzionale, per la sensibilità, la competenza e lo spirito di servizio con cui ha contribuito a tenere vivo e limpido il rapporto tra il presidente della Repubblica e il governo». Dopo un breve brindisi che si concedono nella sala accanto, lontani dalle telecamere, i ministri sfilano davanti alla stampa per dirigersi a palazzo Chigi. I più sorridono, ringraziano e passano oltre. Si ferma Corrado Passera, tra i più abituati all'attenzione dei media: Ci salveremo? «Assolutamente sì. L'Italia è molto di più di quello che sembra», risponde mentre i fotografi immortalano la giovane moglie, Giovanna Salza, in dolce attesa. «È maschio», risponde lei a chi glielo chiede, nostalgico di un po' di gossip. A rubare l'attenzione dei fotografi anche due bambini biondissimi e ricci, in giacca e cravatta. Sono i nipotini del neo ministro della Giustizia. La nonna concede solo un: «Grazie, devo andare». Poi tocca a Francesco Profumo: «La prima cosa di cui mi occuperò sono gli studenti e i ricercatori. I giovani sono la risorsa più importante del nostro Paese e io li ascolterò», spiega, sperando forse in una captatio benevolentiae data la manifestazione annunciata per oggi. Per i cronisti presenti non è sempre facile associare i volti ai nomi dei nuovi ministri. «Scusa quello chi è? È un ministro?» è la domanda ricorrente. Viene fatta - per errore - anche al cappellano militare del Quirinale, che passa davanti alla stampa. «Li ha benedetti?», correggono il tiro. Dopo qualche resistenza lui risponde: «Ma no. Li ho solo incoracciati e salutati, sono brave persone».