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Napolitano: «Basta raccomandazioni, largo ai giovani»

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L'Italiadeve offrire opportunità non viziate da favoritismi, deve creare sistemi di assunzioni trasparenti al lavoro. Dobbiamo smentire la convinzione che le raccomandazioni servano più dell'impegno personale. Dobbiamo farlo non solo per proporre equità, ma perché è necessario per la crescita economica». Giorgio Napolitano lo ha detto al Quirinale durante l'annuale udienza riservata ai «nuovi cittadini»: agli immigrati di recente diventati italiani. Il Capo dello Stato ha ricordato che gli immigrati sono importanti per l'Italia perché svecchiano il paese, aumentano le nostre potenzialità di crescita, «rappresentano una grande fonte di speranza, contribuiscono a darci l'energia vitale di cui abbiamo bisogno, e non comprenderlo significa non saper guardare alla realtà». I figli degli immigrati che diventano cittadini italiani «fanno parte dell'Italia» e devono avere opportunità alla pari di tutti gli altri italiani. Quando i giovani cercano lavoro non devono trovarsi davanti all'Italia delle raccomandazioni, dove non conta nulla ciò che sanno fare, devono trovare un paese che riconosce il merito e l'impegno personale. Il lavoro deve rimettere in moto «l'ascensore sociale rimasto troppo a lungo bloccato». Deve cioè consentire a ognuno di migliorare condizioni di vita e reddito per merito personale e non per fare un favore a qualcun altro. Non è la prima volta che Napolitano fa questi richiami. È significativo che torni sull'argomento mentre si discute di sacrifici per superare la crisi economica. Chi viene a lavorare in Italia e i suoi figli, ha detto Napolitano, devono attendere troppi anni per ottenere la cittadinanza. Ha segnalato in particolare il disagio dei bambini nati in Italia da genitori stranieri e di quelli arrivati da piccoli nel nostro paese, che «si sentono italiani come i loro coetanei» ma devono attendere di compiere 18 anni. Ma c'è ormai un'ampia disponibilità a risolvere questo problema. Per fortuna, ha concluso, nella comunità nazionale «i figli degli immigrati non contano solo per il numero, ma per le capacità che esprimono».

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