«Senza l'appoggio dei partiti rinuncio»
Monti chiede un governo politico che duri fino al 2013. «Sacrifici, non lacrime e sangue»
Èsera, si è da poco conclusa la prima giornata di consultazioni, i rumors di Palazzo raccontano di un «super Mario» già in difficoltà, vittima del rifiuto da parte dei leader politici di far parte della sua squadra di governo, e lui si presenta a sorpresa davanti a taccuini e telecamere. Niente retroscena, o frasi dette a mezza bocca. Vuole essere chiaro. Il suo appello ai partiti lo fa in diretta tv: «Il mio impegno - esordisce - è volto a permettere che la politica possa trasformare questo momento difficile in una vera opportunità, con la condivisione di un progetto di rilancio e di speranza non solo per quanto riguarda l'economia, ma anche la coesione e la capacità di convivenza civile della società». Monti non ha dubbi: se l'Italia vuole tornare a essere «protagonista», la ricetta è questa. «Coesione» è la parola chiave. «Politica», innanzitutto. Ecco perché il professore non nasconde la sua «disponibilità, o se vogliamo il desiderio» di avere in squadra anche alcuni rappresentanti del Parlamento. Nessun aut aut, sia chiaro. Tanto che - ammette - «se i partiti ritenessero che in questa fase» non è opportuna la loro presenza a palazzo Chigi, «capirei». L'importante comunque è che diano «appoggio al nuovo esecutivo, senza il quale non mi accingerei neanche al compito di formarlo». C'è poi la coesione sociale. Monti oggi (oltre a Pd, Pdl e parti sociali), vedrà anche i rappresentanti istituzionali delle donne e dei giovani, «forze vive della nostra società», perché «Quasi sempre quel che serve ai giovani serve al Paese e questo vale anche per le donne», spiega. Il bocconiano doc non dimentica poi quel particolare tipo di coesione che riesce a diventare un «fattore di sviluppo economico», quella che si concretizza sotto forma di consultazione e dialogo serrato tra il management di impresa, i lavoratori e le loro rappresentanze. «È quel che spinge la buona performance dell'economia tedesca - spiega - Anche se - ammette - ogni Paese ha una sua modalità». Qui da noi, poi, c'è un altro tipo di coesione che non può essere sottovalutata: è quella tra Nord e Sud. «È difficile da conseguire, ma è condizione necessaria per la crescita del Paese», sottolinea. Se questo è il programma, nessuno parli di date di scadenza: «Non accetterei un esecutivo a tempo - spiega il professore - Lavoro alla costruzione di un governo che duri fino al 2013. La predeterminazione della durata gli toglierebbe credibilità», ammonisce. Quanto alle misure sottoposte dal premier in pectore ai leader politici durante le consultazioni, non c'è ancora nulla di definito. Monti però tiene a fare una precisazione: «Non ho mai usato né il termine lacrime né il termine sangue. Di sacrifici forse ho parlato - ammette - Trovo però positivo che le forze politiche abbiano percepito la serietà del momento che stiamo attarversando». Già, il momento che stiamo attraversando non è semplice. Bisogna fare in fretta. Lo spread (risalito a quota 500 punti) non aspetta. A chi glielo fa notare il professore risponde deciso: «Non trascuro l'importanza dei mercati ma agiamo in democrazia e sono necessari determinati tempi. I mercati avranno pazienza». Poi - quasi a volersi godere, oltre ai tanti oneri, anche un po' di onore - aggiunge: «Del resto, nella giornata di venerdì l'orientamento del presidente Napolitano ha già avuto i suoi effetti sullo spread». I mercati giudicheranno anche la giornata di oggi. Le consultazioni a palazzo Giustiniani continuano. Poi, domani, «super Mario» salirà al Quirinale per comunicare al Capo dello Stato squadra e programma. Il nodo da sciogliere rimane il peso della componente politica all'interno del nuovo governo. Anche Gianni Letta - che pure sta preparando gli scatoloni dopo la decisione di fare un passo indietro - funge da sponsor affinché il governo Monti sia «politico» e non «tecnico». L'ex sottosegretario avrebbe invitato lo stesso Berlusconi ad «aprire» alla possibilità di far entrare nell'esecutivo alcuni esponenti dei partiti, indicando un altro nome del Pdl. Il Cav, però, avrebbe insistito sulla presenza di Letta. Ecco perché torna alle ribalta l'idea di far entrare nell'esecutivo Letta e Giuliano Amato come vicepremier.