Il timido Monti è già una star
È già effetto Monti. Davanti all'hotel Forum, dove il professore alloggia da anni nei suoi soggiorni romani, i fotografi si radunano di buon mattino. C'è attesa per il suo esordio da senatore a vita a Palazzo Madama. E c'è attesa per l'uomo che sembra destinato a guidare il Paese nel post-Berlusconi. Così, le 80 camere tra piazza Venezia e Via Cavour con vista sui Fori Imperiali, diventano il nuovo Palazzo Grazioli. Siamo nel rione Monti che, oltre a favorire un facile gioco di parole, è lo stesso in cui ha la sua residenza il Capo dello Stato. Un legame "territoriale" che si ripete anche al Senato visto che a Monti viene affidato lo stesso ufficio che fu dell'allora senatore a vita Giorgio Napolitano. Primo piano di Palazzo Giustiniani, accanto alla sala Zuccari. Il presidente della Bocconi trascorre qui gran parte della sua giornata (lungo colloquio con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco) così, in strada, ecco formarsi la consueta folla di cronisti e curiosi. Al punto che nel pomeriggio sono necessarie le transenne per contenerla. Insomma, la Monti-mania impazza già. E contagia anche l'emiciclo del Senato dove il professore fa il suo ingresso intorno alle 10.45. Prima è stato ricevuto del presidente Renato Schifani e qualcuno parla anche di un suo colloquio riservato con Beppe Pisanu. Il neosenatore a vita entra "scortato" dal cerimoniale che lo fa fermare davanti all'ingresso principale dell'Aula. In molti si avvicinano per salutarlo. Il primo è Giuseppe Saro che, per un caso fortuito, è anche uno dei parlamentari vicini a Pisanu. «L'ho visto felice della nomina - racconta - ma anche un po' teso per la responsabilità cui è chiamato». Poi arrivano il presidente dei senatori Pd Anna Finocchiaro, l'Idv Pancho Pardi (che a differenza del suo leader Antonio Di Pietro si è già detto favorevole ad un governo-Monti), l'ex prefetto Achille Serra (Udc). Arriva soprattutto Emma Bonino che con l'economista bocconiano ha condiviso l'esperienza da commissario europeo. Tra i due baci e un abbraccio intenso. Baci anche con Lamberto Dini che ha già incassato l'ok della Lega (e di parte del Pdl) e potrebbe sfidarlo nella corsa a Palazzo Chigi. Gli stringe la mano il leghista Roberto Castelli in controtendenza rispetto al suo gruppo che, mentre tutti applaudono, resta a braccia conserte (con loro anche l'ex An Domenico Gramazio). E dopo la proclamazione ecco arrivare il presidente dei senatori Pdl Maurizio Gasparri. Quella di Monti è una "toccata e fuga". Giusto il tempo di sentire il "collega" Giuseppe Ciarrapico denunciare l'aggressione verbale subita la sera prima da lui e da Sergio De Gregorio: «Non è possibile che un parlamentare esca e trovi due carabinieri e 100 figli di puttana che ci insultano!» Ma il professore è in balia di coloro che cercano in tutti i modi di stringergli la mano e sicuramente non sta ascoltando. Lui, forse un po' in imbarazzo vista la sua riservatezza, cerca e si dirige verso Emilio Colombo, unico senatore a vita presente in Aula. Schifani avvisa l'assemblea che il neosenatore non seguirà i lavori perché impegnato ad espletare le «procedure burocratiche per l'insediamento». E Monti se ne va seguito dal Guardasigilli Francesco Nitto Palma, ultimo a salutarlo. Non tornerà più. Salirà al Colle per ritirare la documentazione necessaria alla sua nomina, ma non riuscirà a vedere Napolitano impegnato alla cerimonia per la Giornata per la Ricerca sul Cancro. Poi si chiuderà nel suo ufficio. Fuori impazzano i vertici di partito. Le coalizioni si dividono sul suo nome. Nell'Aula di Palazzo Madama viene approvato il ddl stabilità con le opposizioni che si dividono: Pd e Terzo Polo non partecipano, l'Idv vota contro. Lui, per ragioni di opportunità, non va. E pensare che ad "aspettarlo" c'erano, in rappresentanza del governo, 5 ministri contrari ad un esecutivo guidato da Monti (Altero Matteoli, Ignazio La Russa, Giorgia Meloni, Maurizio Sacconi e Roberto Calderoli). Ma il professore li ha evitati. Ha preferito vedere Visco e mantenere i contatti con il Colle. I suoi punti di riferimento. Quelli nelle mani dei quali sta, probabilmente, la decisione finale.