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Spunta casa Tulliani nell'inchiesta Bpm

L'edificio in Boulevard Princesse Charlotte 14 a Montecarlo, dove si trova  l'appartamento abitato da Giancarlo Tulliani

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C'è una foto, circolata nell'estate 2010, che immortala il presidente della Camera Gianfranco Fini e la sua compagna Elisabetta Tulliani. La coppia sta uscendo da un locale. Sullo sfondo si scorgono il di lei fratello, Giancarlo e un altro signore incravattato: Amedeo Laboccetta. Il deputato del Pdl, nonché membro della commissione Antimafia, che mercoledì - approfittando dello status di parlamentare - davanti ai finanzieri impegnati a perquisire gli uffici di Francesco Corallo nell'ambito di una inchiesta che vede indagato l'ex presidente della Bpm Massimo Ponzellini, è uscito dall'abitazione portando con sé un computer. Sottraendolo dunque agli accertamenti giudiziari: «È mio personale, lo avevo dimenticato qua e sono venuto a riprendermelo», ha dichiarato il parlamentare che fino al 2008 fu procuratore legale di Atlantis in Italia nonché «ottimo amico di Corallo da anni» (amico che ieri l'ha smentito sostenendo che il pc è di una sudamericana). Fini, Tulliani, Laboccetta, Corallo. Quella vecchia foto torna d'attualità oggi con l'inchiesta che farà tremare molti santuari del potere, non solo finanziario, e che porta il nome della Bpm e del suo ex presidente, il bolognese Ponzellini, perquisito insieme ad altre persone dalla Guardia di Finanza su ordine della Procura di Milano per un'ipotesi di associazione per delinquere e ostacolo all'esercizio delle autorità di vigilanza bancaria. L'accusa riguarda infatti un finanziamento per 148 milioni di euro concesso dalla Bpm con criteri «di anomalia e scarso approfondimento», alla società Atlantis/Bplus Giocolegale Ltd, vero gigante del gioco d'azzardo legale in Italia ma con sede alle Antille Olandesi. Corallo ne detiene la maggioranza con il 20% ma restano misteriosi gli altri soci, proprietari di tre casinò a Saint Marteen, due a Santo Domingo e uno a Panama. Tra i consulenti e amministratori di alcune società per conto di Corallo c'è un certo James Walfenzao. Lo stesso che amministrava la società off-shore cui risultava essere stato venduto l'appartamentino lasciato in eredità a An (ma abitato da Tulliani) dalla contessa Colleoni. Oggi l'Atlantis è difesa da Giulia Bongiorno, che sempre nell'estate 2010, seguiva in prima linea il suo assistito Fini alle prese con «casa Tulliani» imponendogli la linea: «Dichiarare soltanto quello che sappiamo». Non solo. Lo scorso 26 ottobre, in una lunga interrogazione parlamentare al ministro del Tesoro, il senatore Elio Lannutti (Idv) ricostruisce la vicenda della Atlantis World Ltd, operante anche in Italia dove ha ottenuto la concessione dei Monopoli di Stato per le slot machines. Al centro della scena c'è il ruolo di Giancarlo Lanna, consigliere di Farefuturo (fondazione vicina al presidente della Camera) che in passato avrebbe messo la propria competenza legale a servizio della Atlantis World. Nel 2004 il settimanale L'Espresso associa il nome di Lanna alla Atlantis World e a Corallo che, si legge, «ha deciso di avvalersi della consulenza di un professionista napoletano di eccezione: l'avvocato civilista Lanna, fino al '98 commissario della locale federazione di An, poi per 4 anni vice-coordinatore regionale del partito e consigliere di amministrazione con delega per il Mediterraneo della Simest, la società pubblica incaricata di finanziare le imprese italiane che vanno oltre frontiera». La Simest, di cui ora Lanna è presidente, fa capo al ministero dello Sviluppo economico. Sempre secondo L'Espresso, la Atlantis avrebbe aperto una sede proprio nello studio romano del legale, in via Cola di Rienzo. A ottobre, Lannutti chiede dunque al ministro dell'Economia di sapere se, alla luce dei fatti esposti, il Governo intenda adottare le opportune iniziative per accertare chi c'è dietro la gestione delle slot machine in Italia. La risposta deve ancora arrivare.

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