Silvio si tiene le mani libere
C'è un manifesto all'angolo tra via del Seminario e piazza del Pantheon. «Italia prima di tutto. Ricostruire». Firmato: Pd. Una mano ha aggiunto a penna: «Ma perché? C'è stata una guerra?». E poi più sotto: «Ma siate più seri...». Un piccolo segno che spiega cosa sta accadendo a Roma e in Italia in queste ore. Davanti al Quirinale i manifestanti del Pdl vogliono riprendersi la piazza occupata dai militanti della sinistra la sera prima. Arrivano anche i sostenitori del Pd. Si beccano gridandosi «golpisti», «mafiosi», «marchettari». E pensare che i loro leader dovrebbero mettersi assieme per fare un governo per salvare il Paese. Poi tutti, quelli del centrodestra, sotto palazzo Grazioli dove appena 24 ore prima gli ultrà di sinistra avevano urlato insulti, improperi e persino lanciato monetine contro Silvio Berlusconi. Stavolta sono guidati da due deputati piazzaioli, Fabio Rampelli e Marco Marsilio. Spuntano le bandiere tricolori e finanche i megafoni old style per portare solidarietà e sostengo al Cavaliere affranto. In mezzo a questo trambusto coppiette, famiglie impegnate nello shopping pre-natalizio e negozi vuoti in attesa che entri qualcuno, turisti che non si staccano dalla macchina fotografica. E poi c'è lui, Berlusconi. È sconvolto per le contestazioni di sabato sera. Quando ritorna nella sua residenza dopo essersi dimesso al Quirinale, è impressionato dalle monetine, dall'aggressione corporale. Mentre riconquista le sue stanze mormora: «Ridete, ridete. Oggi mi contestate in piazza e domani, in questa stessa piazza, mi verrete a fare una statua». Dorme tranquillo, si sveglia ancora affranto. Poi lo chiama Putin. Dopo Medvedev. Quindi la Merkel. Parla con Erdogan. Si rianima. Se c'è un'immagine che lo ripugna è quella di vedere Bersani festeggiare in piazza con lo champagne le sue dimissioni: «Ma mica hanno vinto le elezioni! Sono io che ho fatto un passo indietro e ancora ho la maggioranza». Si sarebbe aspettato una nota. Una presa di distanza da parte dei vertici del Pd dalle contestazioni. Arriva solo un comunicato di Casini, spaventato com'è dal fatto che il centrosinistra possa essere egemonizzato dall'ala estrema. Dal Quirinale appena una nota per smentire il totoministri. Berlusconi è come un cinghiale. Se lo aggredisci nella sua tana si risveglia e ti salta addosso. E così è stato. Così è nato il videomessaggio (inviato alle tv proprio pochi minuti dopo che Monti è entrato nell'ufficio di Napolitano). Dalla valanga di telefonate dei suoi indignati per quanto accaduto. Berlusconi si convince che il limite è superato: «Ho fatto un gesto di responsabilità e in cambio mi hanno aggredito fisicamente». Ad un certo punto pensa addirittura di convocare un nuovo ufficio di presidenza e fare inversione di marcia su Monti. Ma sarebbe troppo. Angelino Alfano, a ora di pranzo, si presenta a "In mezz'ora" con Lucia Annunziata e mette le mani avanti: «Dopo le scene scalmanate di ieri, se dovessimo decidere oggi (ieri, ndr)» su quale posizione assumere nei confronti di superMario «diremmo sicuramente di no». La linea è cambiata, il sostegno al presidente della Bocconi non è più a scatola chiusa. Si decide così di dare l'ok solo all'incarico di formare il governo e vedere come il professore si comporterà. Se cioè darà giusto riconoscimento al centrodestra o se si consegnerà nelle mani del centrosinistra. Un primo effetto il premier uscente lo ottiene. Monti, d'accordo con il Quirinale, pensava di portare già domani mattina la lista dei ministri, di fatto concordata solo con il Colle. Si cambia programma. Stamattina il premier incaricato farà le consultazioni con i partiti per stabilire la composizione dell'esecutivo. Ieri sera è andato a cena da Berlusconi a palazzo Chigi. Qualunque cosa farà il presidente del Consiglio incaricato per lui, dal Pdl, è assicurata comunque solo la fiducia. Per il resto Berlusconi si terrà le mani libere. Se il nuovo governo porterà in aula la reintroduzione dell'Ici, il Cavaliere la farà passare astenendosi e poi preparerà manifestazioni di piazza contro la sinistra che «affama il popolo». Così sarà anche per la patrimoniale. E per qualunque provvedimento a lui non gradito. Lascerà a Pd e Monti il "lavoro sporco". Il senso del suo messaggio era chiaro: ci sono, ancora. Non sono sparito. Non sono andato via. Anzi, ridiscendo in campo e qualsiasi cosa vorrà fare questo nuovo esecutivo se la dovrà vedere con me. Un avviso a quelli del Pdl che già pensavano di accasarsi da qualche altra parte. I destinatari sono soprattutto i senatori, visto che il centrodestra mantiene la maggioranza a palazzo Madama impedendo il ribaltone. Già, le elezioni. È l'altro pensiero di Berlusconi. Si sente già proiettato nell'arena della propaganda. Che avrà un chiodo fisso: l'euro. Dice nel videomessaggio: «Qualunque sia il nostro governo, nessuno potrà portarci via la nostra sovranità e la nostra autonomia. L'Italia è un grande Paese e la crisi non è nata in Italia», ma è figlia della «crisi della moneta comune che non gode del sostegno di una banca garante». Farà campagna contro euro e Bce. Con il Pdl? Difficile, più probabile con la sua lista personale. E come si chiamerà? Chissà, forse Silvio ha dato un'indicazione in chiusura del videomessaggio: «W l'Italia, W la libertà».