La debolezza dei soli tecnici

Speravo di non dover più scrivere su questo tema, ma diciotto anni di storia politica non hanno insegnato niente agli antiberlusconiani in servizio permanente effettivo e la verità nuda e cruda è che questo grumo irresponsabile che urla a prescindere vorrebbe Silvio Berlusconi privato di qualsiasi libertà, personale e politica. Si rilassino, questo istinto da caccia tribale non sarà soddisfatto. I fatti delle ultime 48 ore ci ricordano che il nostro Paese ha due muri da abbattere: quello del debito pubblico e quello ben più grande e pervasivo della militanza cieca. Ho sempre detto e scritto che il Cavaliere è un personaggio che suscita grandi odi e amori, ma intorno alla sua parabola umana e politica ci sono anche molte cose che un Paese dovrebbe fare lo sforzo di comprendere, dei fili da riannodare, un tessuto da ricucire. Mentre Mario Monti muove i primi passi della sua avventura, Giorgio Napolitano cerca una via d’uscita a una crisi di sistema drammatica e lo stesso Berlusconi invita a lasciare da parte lo spirito di fazione, si avverte il pericolo che tutto finisca nello sfascio che poi si tradurrebbe in un default del Paese per assenza di liquidità sui mercati. La missione è solo una ed è una trincea che ci vede tutti impegnati: difendere il risparmio degli italiani. Monti ha ricevuto da Napolitano l’incarico per formare un nuovo governo e da questo momento ha in mano un pezzo del nostro futuro. Le altre tessere del mosaico le hanno i partiti. È bene ricordare questo aspetto ora che si avvia una trattativa intensa e brevissima sulla composizione del gabinetto. «Saranno tutti tecnici» è la parola d’ordine dei partiti. Ma in realtà è proprio questo il punto debole di tutta la sceneggiatura. Provo a spiegare perché. Chi terrà nell’esecutivo bocconiano i rapporti con i gruppi parlamentari? Chi darà ai partiti la motivazione non tecnica ma politica per approvare i decreti e le leggi? Chi sbroglierà l’intricata matassa di relazioni tra le commissioni e l’aula, tra Palazzo Chigi, Palazzo Madama e Montecitorio? Buio fitto. I mercati sanno benissimo - bastava leggere il Financial Times l’altro ieri - che un governo di soli tecnici avrà vita corta. E lo stesso Mario Draghi, presidente della Bce, sa che la politica è necessaria per il piano di salvataggio dell’Italia. Il governo Monti fin dal principio - con il voto di fiducia - si troverà di fronte ai numeri del Parlamento e alle ragioni della politica. I partiti in questo scenario devono fare non un passo indietro, ma due passi avanti. Devono aiutare Monti a durare, non ad affrontare un calvario di incomprensioni e furbizie che poi sfocerebbe in una crisi e in elezioni anticipate. Il Pdl, il Pd e il Terzo Polo si presentano come forze politiche responsabili? Bene, diano a Monti una rosa di uomini e donne tra cui scegliere. Il professore valuterà in base a un solo criterio: la competenza. Ci saranno dodici ministri? Diano a Monti libertà totale e assoluta su quattro nomi chiave e per gli altri otto posti i partiti indichino una rosa di candidati autorevoli. Non è un tema di poltrone, ma di messa in sicurezza del governo nascente, di durata certa dell’esecutivo e di realpolitik. Solo così Monti avrà i suoi ufficiali di collegamento con le truppe parlamentari e potrà affrontare in condizioni migliori la sua guerra contro l’armata dello spread.