La maggioranza nasce intorno a un libro
«È ora di rispondere alla domanda se il bene comune viene prima del bene di una parte». Inizia così quella che per i maligni è la riunione della maggioranza che sosterrà il governo del post-Berlusconi. Premier escluso. A parlare è il segretario del Pdl Angelino Alfano. Con lui sul palco, oltre al conduttore di Ballarò Giovanni Floris, Pier Luigi Bersani, Pier Ferdinando Casini, Gianfranco Fini e Maurizio Lupi. L'occasione è proprio la presentazione ufficiale del libro di quest'ultimo «La prima politica è vivere», appena uscito per Mondadori. Sembra un caso, ma mentre i cinque dialogano e dibattono, il presidente del Consiglio in pectore Mario Monti sale al Quirinale per un faccia a faccia di due ore con Giorgio Napolitano. Ed è proprio al Colle, con inviti a non «tirarlo per la giacca» e frasi tipo «decide il Capo dello Stato», che guardano gli «ospiti» di Lupi. In questo scenario anche il luogo scelto per la presentazione assume un significato particolare. Si tratta dell'auletta dei gruppi parlamentari. La stessa in cui, come ricorda Casini, Aldo Moro chiese agli eletti della Dc di intraprendere la strada di un esecutivo di «solidarietà nazionale» per affrontare la stagione terribile del terrorismo. Con le dovute proporzioni, è il messaggio che ognuno dei relatori a modo suo trasmette, quella stagione si ripete oggi. E quindi non c'è altra strada che l'unità. Non a caso sul palco e in platea spiccano gli ex Dc. In prima fila ci sono, oltre all'ex sottosegretario Enzo Scotti, due nomi che sono già nel toto-ministri del nuovo esecutivo: Gianni Letta e Raffaele Fitto. Più indietro Enrico Letta che, in costante contatto con il Colle, sta lavorando all'interno del Pd. Senza dimenticare che Casini, Lupi e Alfano, ognuno a modo suo e tenendo conto delle differenze anagrafiche, hanno vissuto l'esperienza della Balena Bianca. E qualcuno ironizza: «Vuoi vedere che alla fine tocca ad un ex comunista far rinascere la Democrazia cristiana?» Fatto sta che, nonostante alla fine ognuno cerchi in qualche modo di preservarsi dagli attacchi di «inciuciare» con il nemico, la spinta verso una stagione di concordia è fin troppo evidente. Così Alfano, dopo aver dato il "la" parlando del bene comune che deve prevalere sul bene di parte, ricorda che il primo ad aver avuto questo atteggiamento è stato proprio il Cavaliere: «Se l'avesse pensata diversamente non avrebbe presentato il maxiemendamento, caricandosi il costo politico-elettorale, e si sarebbe dimesso subito». Quindi, dopo aver ricordato il «rapporto» con la Lega, un botta e risposta con Fini: «Il governo Monti avrà il mio voto? Deciderò con gli amici e con il leader del mio partito che è Berlusconi. Ormai siamo un partito democratico, forse se Fini avesse avuto più pazienza...» Replica secca del numero uno di Montecitorio: «Se il Pdl fosse stato organizzato così fin dall'inizio...» Al di là delle inevitabile frecciatine il clima da «prove tecniche» di nuova maggioranza regna sovrano. Bersani spiega che il Pd rispetterà le decisioni del Colle ma aggiunge che l'esecutivo che arriverà dovrà avere un profilo di «nettà novità» e «equità». E comunque, aggiunge, nessuno sta pensando al toto-ministri, «stiamo ragionando seriamente, immaginiamo che ci possa essere un colpo di reni o non ne veniamo fuori». E se Casini avverte che Monti «è l'ultima possibilità che la politica ha di salvare se stessa», Fini non ha dubbi: «Dobbiamo dimostrare con i fatti, rendere concreta, l'espressione che il bene comune viene prima del bene di una parte». L'intesa con Alfano c'è, la nuova maggioranza forse è già partita.