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Bersani fa festa. Oggi sì ai bocconiani

Pier Luigi Bersani

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Ha festeggiato con i militanti di una storica sezione dell'ex Pci e oggi Pd di Roma, quella in via dei Giubbonari, in pieno centro. Esattamente nello stesso momento in cui il premier andava da Giorgio Napolitano a presentare le dimissioni. Pier Luigi Bersani ha chiuso così la settimana che ha visto la fine del governo di Silvio Berlusconi, dopo aver votato in aula nel pomeriggio l'ultimo atto dell'esecutivo uscente, la legge di stabilità che contiene il maxiemendamento con le misure chieste dall'Europa. E proprio andando a parlare con gli iscritti del Pd Bersani si è lasciato andare a una battuta: «In questo momento sto smacchiando la coda» ha scritto parafrasando la celebre battuta di Crozza su Facebook. Ora però il Pd dovrà iniziare a pensare seriamente a quello che vorrà fare visto che da oggi iniziano le consultazioni per creare il nuovo governo Monti. Il segretario, incontrando questa mattina il gruppo della Camera, ha respinto le accuse di «cessione di sovranità». «Noi siamo generosi – ha spiegato – adesso siamo in una fase d'emergenza ma la politica non abdica e non va a casa come qualcuno scrive sui giornali, ognuno si prende le sue responsabilità. O si sta a messa o si va a casa». E sempre in mattinata Bersani, incontrando Mario Monti, gli ha ribadito tutto l'appoggio del suo partito. Sia sul fatto di non fare pressioni sui nomi di quelli che dovranno far parte del nuovo esecutivo tecnico sia sulla durata, fino al 2013. E su questa linea c'è la maggior parte delle anime del Pd, da Enrico Letta a Franceschini, Da Walter Veltroni a Beppe Fioroni. Convinto pare anche l'alleato Antonio Di Pietro. Il segretario dell'Italia dei Valori ieri sera ha avuto un lungo colloquio con Bersani e il suo partito pare ormai deciso ad appoggiare il nuovo esecutivo. «Possiamo arrivare a votare anche la fiducia a Monti – ha spiegato il leader dell'Idv – se non ci sono politici nemmeno travestiti nel governo, se si fanno tre o quattro misure qualificate nel segno dell'equità sociale e se il governo di emergenza dura finché deve gestire appunto l'emergenza». E sulle dimissioni di Berlusconi il giudizio è stato secco: «Oggi è un giorno di liberazione, da domani sarà di ricostruzione». Nel pomeriggio in aula alla Camera era stato Dario Franceschini a parlare per il gruppo del Pd, attaccando la maggioranza e ricevendo urla e fischi dai banchi del centrodestra. Un discorso che certo non sembra un buon viatico alla futura collaborazione nello stesso governo. «Oggi scende il sipario su una lunga e dolorosa fase della storia politica italiana – ha iniziato il capogruppo del partito Democratico – Il Paese arriva a questa giornata frastornato, impaurito, travolto da una crisi finanziaria che ha attraversato le vite individuali e la nostra esperienza collettiva». Poi Franceschini ha rivendicato la forza del Pd. «Tutti i sondaggi dimostrano che il Partito Democratico, nei diversi schemi di coalizione, vincerebbe le elezioni tra qualche mese. Eppure abbiamo indicato da un anno la strada del governo di emergenza. Oggi noi forniamo la prova che scegliamo quella strada perché serve al Paese». Ma non poteva mancare l'attacco al Cavaliere: «Domani entriamo in un tempo nuovo. Berlusconi, nel bene o nel male, è stato uno spartiacque di questo Paese: ha fatto nascere il bipolarismo e poi lo ha inquinato e ammalato. Tutto è stato segnato da lui: le coalizioni e il dibattito, contro a o favore di Berlusconi. Adesso quella stagione è finita. Siamo chiamati a ricostruire sulle macerie finanziarie, sociali e di valori. Siamo chiamati ad affrontare le riforme dell'economia, della finanza e delle regole costituzionali del Paese, in una fase di transizione».

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