E ora anche a Mediaset si teme la vendetta
Giàil momento non era tra i più tranquilli, tra conti non brillanti, titoli in picchiata e stato di agitazione tra i dipendenti legato alla riorganizzazione interna. Poi è arrivata la crisi di governo a rendere ancora più incerto il futuro. La parola che si sente pronunciare più spesso, quasi ad esorcizzarla, è «vendetta». Il timore è che con l'uscita di scena del Cavaliere gli avversari politici, una volta al potere, possano scatenarsi contro il Biscione. «Spero che ci sia una ragionevolezza nel comportamento di chi andrà a governare l'immediato futuro - afferma il presidente Fedele Confalonieri - Questa è un'azienda che ha quasi 5 mila dipendenti, se uno volesse farle del male in un momento come questo dove l'economia è quella che è, credo che sia autolesionistico per il Paese». Proprio per capire che aria tira, Confalonieri, secondo indiscrezioni di stampa, avrebbe sondato negli ultimi giorni gli orientamenti nel panorama politico. «È un'azienda quotata in borsa - sostiene invece il direttore del Tg5 Clemente Mimun - sarebbe incredibile anche solo immaginare vendette verso Mediaset». Giovedì Emilio Fede si era detto pronto a lasciare la guida del Tg4 in caso di uscita di scena di Berlusconi. Mimun nega questa possibilità: «Non faccio il giornalista berlusconiano. Faccio il giornalista e basta», sostiene. L'ultima trimestrale ha evidenziato utili in calo del 13% e una raccolta pubblicitaria in ribasso del 3%. Il timore manifestato dai vertici aziendali - fanno sapere fonti sindacali - è che in tre anni, di questo passo, gli utili finiscano con l'azzerarsi. In più, in cinque sedute, il titolo è crollato del 13,5%, con una perdita di 160 milioni per Berlusconi e figli. In questi giorni crescono poi i dubbi sugli sviluppi del beauty contest, sul quale Mediaset conta per ottenere gratuitamente altre frequenze per il digitale terrestre. Il sospetto è che un nuovo governo possa rallentare o modificare l'iter, provocando un danno all'azienda. La preoccupazione tra i dipendenti è alta. Già il progetto di riorganizzazione interna in vista della nascita di News Mediaset e delle modifiche del modello produttivo aveva messo i sindacati sul piede di guerra.