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Bersani resta uomo solo al comando

Il segretario del Pd Pierluigi Bersani

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È stato lui a prendere la parola in Aula a nome di tutte le opposizioni subito dopo che la maggioranza, con il voto sul Rendiconto dello Stato, è diventata numericamente minoranza. È sempre lui che resta in contatto con Pier Ferdinando Casini, Antonio Di Pietro e gli altri leader e che, nei colloqui con il Colle, esprime la «preoccupazione» per la difficile situazione dell'Italia. Ma al di là dell'attivismo di facciata, Pier Luigi Bersani è un uomo solo al comando. Costretto a subire il commissariamento di Giorgio Napolitano e il pressing della maggiroanza del partito. Il motivo è chiaro. Il segretario sa che un governo di transizione finirebbe inevitabilmente per indebolirlo. O si gioca subito la partita delle elezioni, magari vincendole, o per lui la montagna della leadership diventerà sempre più difficile da scalare. Anche per questo pur aprendo ad un governo di emergenza, avverte: «Con governo di emergenza non intendiamo un ribaltone o un aggiustamento con qualche transfuga altrimenti si va al voto e noi non abbiamo certo paura». Che tradotto vuole dire: o tutto il Pdl appoggia il nuovo esecutivo o non se ne fa niente. Bersani sa, infatti, che tra gli uomini del premier esiste una spaccatura tra la "vecchia" guardia che non vorrebbe mai trovarsi a guidare il Paese assieme agli "ex comunisti" e i cosiddetti "giovani" che invece stanno lavorando ad una soluzione di transizione. E lo stanno facendo tenendo i contatti soprattutto con il vicesegretario del Pd Enrico Letta. Lo stesso che ha anche un canale preferenziale con il Colle. Bersani punta molto su questa frattura (e anche sul malumore degli ex An). Ma ormai il suo è un sogno a occhi aperti. Anche Massimo D'Alema - si dice che nelle sue consultazioni Napolitano abbia parlato pure con l'ex premier - sottolinea che «gli umori del Parlamento» vanno nella direzione di un esecutivo tecnico. Mentre Walter Veltroni, che ovviamente punta a logorare definitivamente il segretario, ribadisce che «bisogna trovare al più presto una persona autorevole anche in Europa che guidi il Paese fuori dalla crisi nel dopo Berlusconi». Così, mentre lo stesso Letta chiede che il nuovo esecutivo si occupi anche della «riforma elettorale», l'unico che ancora storce il naso di fronte ad una soluzione di transizione è Antonio Di Pietro: «Ascolteremo che cosa propone il Capo dello Stato. Per ora non valutiamo i "se" e ipotesi generiche». E a Bersani non resta che bacchettare l'alleato: «Se ha cambiato idea sul "tecnico" vada a dirlo al Colle». Ormai la fotografia di Vasto è ogni giorno più sbiadita.

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