Il più attivo è il presidente della Camera Gianfranco Fini.

Risultato?Nessuna decisione. Non è un caso. Perché l'opposizione, giunti all'ora del giudizio, non è in grado di proporre un'alternativa credibile per il post-Berlusconi. A farla da padrona sono, guarda caso, le divisioni tra i singoli partiti. Anche per questo l'ipotesi di presentare una mozione di sfiducia, per ora, resta nel cassetto. «Domani (oggi ndr) si decide il da fare» spiega Bersani lasciano l'ufficio di Fini. Più o meno quello che aveva detto qualche ora prima Casini che, interrogato dai giornalisti, aveva risposto: «Ogni giorno ha la sua pena». Aggiungendo poi che «quello della contabilità parlamentare è un problema che risale all'età paleolitica. Il problema sono i mercati». Ma a tenere in apprensione le opposizione è proprio la «contabilità parlamentare». In poche parole: mancano i numeri. E c'è addirittura chi teme che oggi, nella votazione sul rendiconto, il premier possa riuscire a strappare quota 316. Anche per questo le posizioni oscillano tra chi vorrebbe astenersi (Terzo Polo e gran parte del Pd) e chi, invece, vorrebbe votare contro il rendiconto (Idv e una parte dei Democratici). Ma a tenere in fibrillazione le opposizioni è soprattutto il futuro. Se non ci sono i numeri per sfiduciare il Cav, non ci sarebbero comunque per sostenere un governo tecnico. E poi di cosa dovrebbe occuparsi? Non certo delle riforme che ci chiede la Ue. Lo spiega bene Di Pietro che avverte: «Tutta l'opposizione, Udc compresa, non potrà garantire la sopravvivenza di un governo tecnico. I problemi non si risolvono affidando ad una persona pulita come ad esempio Mario Monti il compito sporco che Berlusconi non riesce a portare a termine. Per cui prima si va a votare e meglio è».