Il Cav prepara la lista e sogna Renzi in testa
«Venderò cara la pelle. Non si libereranno presto di me. E comunque alla fine sarò io a dare le carte, non mi faccio cacciare». Sono le dieci del mattino quando Silvio Berlusconi sta andando all'aeroporto di Ciampino mentre parla al telefono con un big del Pdl. Nel vertice notturno con Gianni Letta e Angelino Alfano ha preso atto che i numeri alla Camera non ci sono. È rimasto colpito soprattutto dai suoi ex ultrà come Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio che gli hanno chiesto un passo indietro. Così nella notte tra domenica e ieri, il Cav capitola e prende seriamente in considerazione l'ipotesi dimissioni. Il premier lascia che per buona parte della mattinata circolino le voci, vengono presi anche i passi formali. Il cerimoniale del Quirinale viene persino allertato per una salita al Colle del presidente del Consiglio previsto per stamattina. A metà mattinata Berlusconi vola verso Milano. Viene convocato un "consiglio di guerra" della famiglia. Le eventuali dimissioni del Cavaliere esporrebbero il titolo Mediaset a un forte attacco sui mercati e per questo bisogna attrezzarsi, prepararsi, reperire liquidità per sostenere le azioni. Vengono contattate anche alcune banche per non farsi trovare scoperti quando sarà. Il vero spettacolo però va in scena a Roma. È panico. Berlusconi, nei suoi colloqui, fa sapere che Gianni Letta non è disponibile a prendersi questo fardello. Bisogna avere una figura di profilo internazionale, che parli molto bene l'inglese e il fracencese, che abbia anche una competenza specifica in campo economico. Dunque, la figura migliore sarebbe Mario Monti. Che tra l'altro è il nome che piace al Colle. A Casini viene recapitato il seguente messaggio: attento Pier, che se Monti fa il premier per il prossimo anno e mezzo sarà automaticamente il candidato alla presidenza della Repubblica come fu Ciampi. E il Quirinale è il grande sogno del leader dell'Udc, che però il giorno prima aveva detto no all'ipotesi Letta. Spunta il nome di Giuliano Amato. Gianfranco Fini si precipita nell'ufficio di Renato Schifani. Ufficialmente per parlare di Antitrust. In realtà il presidente della Camera e co-leader Terzo polo con Casini (e di fatto già concorrente di Pier per il dopo Napolitano) rende noto che invece a lui Letta non dispiace affatto. E alla fine pure Casini fa retromarcia. Insomma, regna la confusione. Per non parlare del Pd. All'improvviso Pierluigi Bersani perde la voce. «Adesso vediamo che fa - dice un berlusconiano doc -. Non può mettere in piedi il governo che rispetti gli impegni europei perché Di Pietro ha già detto che è macelleria sociale e Vendola non ne vuol saper nulla». Il bailamme. Berlusconi potrebbe non avere i numeri. Ma ce li hanno le opposizioni tutte assieme? Il punto è proprio questo. Scatta il pressing sui dissidenti del Pdl: criticate Berlusconi sostenendo che non ha fatto abbastanza e vi ritrovate un bel governo Amato. Il risultato è che i vertici del Pdl danno per riacquisiti i voti di Bertolini, Stracquadanio e anche di Giustina Destro. In più i Radicali di Pannella potrebbero dare una mano almeno sul Rendiconto che si vota oggi pomeriggio. In altre parole a via dell'Umiltà ieri sera era tornato un moderato ottimismo almeno di potersi riavvicinare a quota 316. Nessuno è pronto a scommettere nulla, anche il 14 dicembre la svolta arrivò alle due di notte quando Catia Polidori venne vista varcare il portone di palazzo Grazioli. La chiamano "la svolta dell'anello". Ma il premier è sereno e annuncia ancora: «Sono convinto che il voto di domani confermerà la maggioranza, per fare quello che ci è stato chiesto dall'Europa». Poi si fa più esplicito: «Non siamo attaccati alla cadrega (sedia in lombardo, ndr) e sono convinto che avremo la maggioranza, per fare le riforme che anche l'Europa ci chiede e che servono a rilanciare l'economia». Nel bel mezzo di questa confusione, nel primo pomeriggio Roberto Calderoli si presenta ad Arcore per comunicare a Berlusconi che la Lega preferisce faccia un passo indietro e se non ci fossero i voti alla Camera meglio andare a votare: niente altre soluzioni. Se il premier avrà i numeri l'attenzione si sposterà al Senato. Verso la fine della settimana verrà presentato in commissione Bilancio il maxiemendamento che raccoglie le richieste della Ue e tra lunedì e martedì dovrebbe essere votato anche dall'Aula con fiducia. A quel punto il Cav potrebbe andare alla Camera senza chiedere il voto sul suo esecutivo e dovrebbe tenersi ancora sopra i 316. Così potrebbe salire al Colle e dimettersi, nella terza decade di novembre. Impegnando così il Quirinale a non poter dare un mandato diverso o almeno un mandato a un esponente non del Pdl. Berlusconi, dal canto suo, pensa sempre più intensamente al voto. Continua a lavorare segretamente a una sua lista il cui nome resta top secret. O forse Silvio non ha ancora scelto. Si era parlato di «Italiani per sempre». O «Libertà». O forse «Italiani per la Libertà». Comunque un listone con cui Berlusconi pensa di fare fuoco e fiamme. Si differenzierà dal Pdl, alla cui guida ci sarà Angelino Alfano, candidato premier. La lista personale del Cavaliere invece farà una campagna elettorale contro l'euro. Già in qualche occasione gli è partita qualche battuta salace contro la moneta unica. Isserà questa bandiera e il suo listone andrà a pescare direttamente nell'elettorato leghista. Gli farà concorrenza da un lato. Dall'altro punterà al centro, a togliere voti a Casini e Fini, che saranno additati come «vecchie cariatidi della politica». Per questo sta pensando a un giovane da mettere a capolista. Dopo la manifestazione di sabato scorso, s'è letteralmente innamorato di Matteo Renzi. Non è escluso che nei prossimi giorni chiami una sua vecchia conoscenza, Giorgio Gori, già direttore di Canale 5 e ora finito al fianco proprio del sindaco di Firenze. Si stanno preparando anche le risorse per la prossima campagna elettorale e non è escluso che sia il Pdl a dare una mano almeno con un assegno iniziale. Inutile nascondere che più d'uno che abbia sentito Berlusconi in questi giorni ha pensato che i suoi siano più vaneggiamenti che ragionamenti. Ma se esiste una verità è che il Cavaliere sembra intenzionato a portarsi nella tomba il suo essere visionario.